
In giro per villaggi, campagne, spiagge francesi con un camion magico. Così magico da produrre gigantografie delle persone incontrate. Visages Villages è film-documentario realizzato a quattro mani da Agnès Varda e JR. Regista quasi novantenne la prima, belga radicata a Parigi, rappresentante della Nouvelle Vague e fresca di Oscar alla carriera (prima donna in 90 anni). Fotografo e street artist il secondo, celebre per i suoi ritratti extra large attaccati ai muri. “Avevamo età e fini diversi, ma lo stesso scopo”, precisa Varda. Una coppia inedita a caccia di persone autentiche nel corso di scorribande durate a fasi alterne per diciotto mesi. “Non ci siamo conosciuti per strada. Non ci siamo conosciuti alla fermata dell’autobus. Non ci siamo conosciuti al panificio o in discoteca. Sono stato io a cercare lei”, racconta JR. Visti e piaciuti, da cui la spinta a fare qualcosa insieme. Un road movie suggerito dalla presenza dello speciale camion-laboratorio di JR.

“Non volevamo solo fotografare le persone incontrate, ma tirare fuori la loro voce e i pensieri. Dare spazio a gente anonima, stabilire con loro un contatto, anche se effimero, illuminarli, ascoltarli, ingigantirli; scoprire la realtà dei loro villaggi. Tra realismo, immaginazione e poesia”, spiega l’indomita Agnès, che in gioventù si è nutrita degli amati surrealisti, dopo aver studiato “il minimo sindacale”. Nel trentatreenne JR ha trovato un compagno di viaggio dinamico, perfetto per tenere testa alla sua formidabile energia, “con il quale potevo prendermi gioco della mia vecchiaia”. Tanto da farsi fotografare piedi e occhi, ingranditi e incollati sui vagoni di un treno perché “così continui a viaggiare”. Ed ecco l’impensabile binomio spostarsi dal Nord al Sud della Francia, a caccia di storie e dei loro umani risvolti. Nel porto di Le Havre, ambiente tradizionalmente maschile, Agnès fa il suo “petit numéro féministe” e convince i lavoratori a far arrivare le mogli, di solito interdette dal luogo che, debitamente fotografate e ingigantite, compaiono incollate sugli enormi container.

In un villaggio di minatori, ormai quasi spopolato, riaccendono il ricordo di chi non c’è più. Scoprono gli allevamenti di capre senza corna (perché vengono loro bruciate), ma scovano l’unica allevatrice, che invece le lascia crescere liberamente. Lottano con le maree su una spiaggia dove è stato fatto precipitare dall’alto della scogliera un bunker tedesco, come abnorme scultura conficcata nella sabbia. Ideale per incollarci l’immagine di un antico amico di Agnès, anche se durerà solo poche ore, lavata via dal mare. Un granaio è lo sfondo per la fotografia di un coltivatore, che lavora i campi in solitario coadiuvato dagli enormi macchinari a disposizione…

Quasi un film a episodi, in cui i protagonisti interagiscono con i narratori, lasciando spazio e occasione per incursioni intimiste. La visita alla nonna centenaria di JR; il pellegrinaggio alla tomba di Henri Cartier Bresson, amico di Agnès, in un minuscolo cimitero; l’appuntamento mancato con Jean-Luc Godart, che non apre la porta di casa. Toccante, leggero, ironico e gioioso, a tratti malinconico, il film è stato applaudito a Cannes ed è in odore di oscar come miglior documentario. Nelle sale italiane arriva per merito della Cineteca di Bologna. Da non perdere.