Testo e foto di Davide Paterlini
Da un lato la Medina, la città vecchia racchiusa entro le mura,dall’altra il Menara Airport, con 24 diamanti e tre triangoli sulla facciata, e il Cyber Park, coi totem touch screen per navigare (gratis) sul Web.
Da un lato la rumorosa piazza Jemaa El Fna con gli incantatori di serpenti, la musica gnaoua e le urla dei venditori di frutta secca, dall’altro la quiete (seppur relativa) dei quartieri dell’Hivernage e di Guéliz, dove si trovano gli hotel, le boutique, i centri commerciali per i turisti. Da un lato il rosa degli edifici, dall’altro il verde brillante dei giardini. La sintesi di questi contrasti è una città speciale, unica nel suo genere, che si scopre con immenso piacere.
Riad. Certo, Marrakech offre hotel tradizionali di altissimo livello, a cominciare da La Mamounia, dov’era di stanza Winston Churchill. Però il consiglio è quello di soggiornare in uno dei tanti riad della Medina. Il riad è una tipica casa marocchina, con pareti fatte di argilla e mattoni, poche e piccolissime finestre che danno sull’esterno e un cortile centrale su cui si affacciano le stanze. Al centro di questo cortile si trova in genere una piccola fontana. Le pareti interne sono rivestite di piastrelle colorate e decorate con motivi calligrafici che rimandano al Corano.
Piazza Jemaa El Fna. La visita a Marrakech inizia da questa enorme piazza che è anche un teatro, con spettacoli a tutte le ore. Al mattino, la scena è tutta dei venditori di spremute d’arancia e dei lustrascarpe. Più tardi arrivano gli incantatori di serpenti, che li appoggiano sulle spalle dei turisti coraggiosi per la foto ricordo, gli addestratori di scimmie, i venditori d’acqua, riconoscibili per i vestiti sgargianti e i cappelli ornati da nappe che fanno ruotare a velocità vorticosa, le cartomanti e gli artisti che dipingono mani e caviglie con l’henné. Nel pomeriggio, intorno alle 16, si anima anche la parte centrale di Jemaa El Fna: si allestiscono i ristoranti delle sera, scaricando da carrette bracieri, panche, tavolini e piatti. Le cucine restano in attività fino a mezzanotte inoltrata. Da provare gli spiedini di pollo, il cous-cous, le sardine alle griglia sedendo gomito a gomito con altri sconosciuti, tra nuvole di fumo, mille profumi e alla luce di lampadine nude.
Moschea della Koutoubia. È il monumento simbolo di Marrakech, con il minareto che domina in altezza su tutti gli altri edifici cittadini. Da qui il muezzin richiama i fedeli alle cinque preghiere quotidiane. L’accesso non è consentito ai non musulmani.
Suq. Rigorosamente al plurale, coprono tutta l’area settentrionale della Medina e offrono ogni genere di prodotto: dai tappeti ai caftani ricamati, dalle spezie alla frutta essiccata, dalle babbucce alle lanterne, dai servizi da the ai monili, passando per oggetti in pelle. Pur avendo cartine di Marrakech, è impossibile non perdersi nel dedalo di viuzze: provvidenziale è l’aiuto delle innumerevoli guide improvvisate che, in cambio di piccole mance, aiutano i turisti ad orientarsi e li conducono da commercianti amici. Per chi ha lo stomaco forte, è d’obbligo la visita al quartiere dei conciatori: nel Suq Debbaghine, una sorta di inferno sulla Terra, è possibile vedere gli uomini che preparano le pelli, immersi in vasche di acqua putrida, tra fango e odori di ammoniaca e guano di piccione (serve per trattare il cuoio). Per resistere, è d’obbligo muoversi tenendo sotto il naso un po’ di menta fresca.
Medersa Ben Youssef. Ben nascosta nel cuore della Medina, è uno dei luoghi più affascinanti di Marrakech. Si tratta di una Scuola coranica, che ha ospitato circa 900 studenti fino agli anni Sessanta, prima di cadere in disuso. Notevoli sono gli stucchi, estremamente elaborati, e le piastrelle smaltate che rivestono le mura: la fascia inferiore è dominata dal motivo della stella a otto punte, mentre quella superiore da motivi floreali e iscrizioni religiose. Al centro del cortile principale si colloca una vasca di marmo, usata in passato per le abluzioni.
Palais El Badi. Costruito in 25 anni, nel corso del XVI secolo, era uno dei palazzi più sontuosi di Marrakech. Oggi di quel palazzo restano soltanto rovine. Le mura rappresentano un riparo accogliente per le cicogne che vi nidificano apparentemente indifferenti ai rumori provenienti dalle vie circostanti. Le cicogne sono considerate sacre: secondo una credenza marocchina, infatti, si tratterebbe di esseri umani trasformati in uccelli.
Palais Bahia. Il suo nome deriva dall’arabo “brillante” ed è stato eretto sul finire del XIX secolo come massima espressione dello stile marocchino. Merita una visita per gli splendidi soffitti in legno, dai motivi estremamente elaborati.
Tombes Saadiennes. È un complesso costituito da tre sale principali che ospitano una sessantina di tombe reali, risalenti a un periodo compreso tra le fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. Accessibili attraverso uno stretto passaggio, le tombe sono rimaste sconosciute fino agli anni Venti. Lo stile è quello dell’Alhambra, con piastrelle policrome, intagli in legno e stucco.
Jardin Majorelle. Sono i giardini più celebri di Marrakech. Prendono il nome da Jacques Majorelle, pittore francese che nel 1924 creò quest’oasi verde intorno al suo studio blu elettrico. Sono stati sottratti alla distruzione dallo stilista francese Yves Saint-Laurent, che li acquistò nei primissimi anni Ottanta (questo spiega la presenza di un piccolo memoriale in pietra in sua memoria). Da non perdere il giardino dei cactus, le distese di buganvillee e la foresta di bambù.