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San Domenico di Imola: novità in cucina

La rivoluzione è nell’hardware: Max Mascia ha progettato nuove cucine sostenibili e tecnologiche, e per la prima volta porta davanti alla brigata la chef table in una sala privata per sei persone

«Uno spazio per la felicità, dove i clienti diventano ospiti». Questo doveva essere il San Domenico di Imola nei desideri del suo fondatore, Gianluigi Morini, che nel 1970 aprì nella casa di famiglia il ristorante bistellato più longevo d’Italia.

Ai fornelli fu chiamato nel 1972 Nino Bergese, soprannominato da Luigi Veronelli “Cuoco dei re, re dei cuochi”, che portò al San Domenico la cucina di casa delle famiglie dell’aristocrazia e dell’alta borghesia italiana. E due stelle Michelin, fin dal 1977. Al San Domenico, Bergese trova un giovanissimo Valentino Mercattili, che diventerà poi lo chef del ristorante, e in sala il fratello Natale, che ancora oggi fa gli onori di casa.

Imola, ristorante San Domenico © Cristian Castelnuovo

Ancora oggi, l’impressione è quella di entrare in una casa elegante, con tovaglie di lino, bicchieri di cristallo, sottopiatti, candelieri e posate d’argento e i vasi pieni di fiori freschi. Alle pareti quadri di Mario Schifano, Alberto Burri, Piero Dorazio e Giuseppe Capogrossi, e in sala arredi di Thonet, Frau e Cassina.

Rinnovamento nella tradizione

Da dieci anni la cucina è nelle mani di Massimiliano Mascia, classe 1983, nipote di Valentino, che vanta esperienze con alcuni dei più grandi chef del mondo. Negli Stati Uniti comprende l’importanza dell’organizzazione del lavoro; in Francia approfondisce la tecnica di cucina e percepisce il grande valore della storia e della cultura gastronomica; in Italia studia attentamente la materia prima, una materia prima che non ha eguali nel mondo per livello qualitativo. Del suo curriculum citiamo in particolare le esperienze italiane al Ristorante Vissani e al Ristorante Romano di Viareggio, quella statunitense all’Osteria Fiamma di New York e quelle francesi alla Bastide Saint Antoine e infine a Parigi alla corte del pluristellato Alain Ducasse al Plaza Athenée.

Max Mascia rappresenta la nuova generazione del ristorante ma anche un segno di continuità nell’innovare e nel rinnovarsi, conservando allo stesso tempo solide radici nella tradizione gastronomica italiana.

Uovo in raviolo

Piatto simbolo della casa è L’uovo in raviolo con parmigiano reggiano dolce, tartufo e burro nocciola, nato dalle mani di Bergese e Marcattilii e mai uscito dal menù del ristorante; un piatto che è perfetto connubio tra l’amore per la grande tradizione emiliana della pasta fresca e l’attenzione per i prodotti della terra più semplici, ma che abilmente rielaborati danno vita a momenti di pura emozione gustativa.

Un altro must è l’Anatra alla pressa con la sua coscia confit, preparazione storica della cucina francese elaborata nel 1890 alla Tour d’Argent di Parigi. Il rituale del canard à la presse è affascinante, e il finissage del piatto, fatto al tavolo di chi lo ha ordinato, è parte integrante del gusto. Il petto e le cosce vengono cotte separatamente, poi si passa in sala dove su un tavolino viene portato il grande tagliere in cui sezionare i due petti d’anatra, che verranno conservati a parte, e tagliare i pezzi di carcassa da mettere dentro alla pressa in metallo argentato, una delle poche esistenti in Europa. Azionando la vite si estraggono i succhi dell’anatra che vengono aggiunti alla salsa bordolese per conferirle un gusto più deciso e la giusta consistenza. Dopo questo passaggio la carne viene fiammeggiata nella padella con un bicchierino di brandy e infine viene aggiunta la salsa lasciata restringere fino a ottenere la densità corretta.

La preparazione del’anatra alla pressa © Roberta Nicosia

Max porta avanti la grande storia del San Domenico alla quale aggiunge la sua magia, la sua generosità e il suo particolare senso della cura per il tempo, per le stagioni e per tutte le persone che partecipano quotidianamente alla vita del ristorante, creando il suo equilibrio perfetto. L’esaltazione dei sapori naturali delle materie prime è il fulcro della cucina del San Domenico in particolare durante il periodo estivo: selezionata l’eccellente qualità dei prodotti, Max ne esalta l’autenticità e il gusto con pochi ingredienti creando ricette che intrigano e appassionano e spingendo le materie prime a dare il meglio di sé, rielaborandole con un tocco colto e delicato.

Ma per me non è stata questa, o non solo questa, la carta vincente del San Domenico, ma la semplicità, il calore e la affabilità di Massimiliano Mascia, che si fa chiamare da tutta la brigata di cucina semplicemente “Max”. E non è cosa di tutti i giorni nel mondo spesso ingessato degli chef stellati. Anche nel servizio impeccabile ma mai ossequioso della sala condotta da Giacomo, figlio di Natale, nella straordinaria perfezione dei piatti di Massimiliano e degli accostamenti coi vini proposti dal sommelier Francesco Cioria – che può scegliere tra 2400 etichette e 15mila bottiglie custodite nella cantina cinquecentesca -, c’è qualcosa di caloroso e accogliente che fa davvero la differenza. Qui ci si sente bene, c’è gioia nell’aria mentre si degustano storia, sogno e cultura.

Imola, ristorante San Domenico © Cristian Castelnuovo

San Domenico e l’Autodromo di Imola

La storia del San Domenico è strettamente intrecciata a quella dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, che dal 1980 al 2006 ha ospitato ben 27 Gran Premi di Formula 1 Durante ogni gara il ristorante ospitava personaggi di spicco da ogni parte del mondo, oltre a piloti e staff a cui consegnava i pranzi direttamente in Autodromo e per i quali riservava le sale per grandi feste private: in quei giorni tutto ruotava attorno al Gran Premio e due mondi apparentemente distanti, improvvisamente si univano e si guardavano con estremo interesse reciproco. Il legame del San Domenico con le corse di Formula 1 all’autodromo imolese, che sono rincominciate nel 2020, è ancora oggi molto stretto e Max Mascia è il punto di riferimento in occasione di tutti gli appuntamenti più importanti del circuito.

Le nuove cucine

Ed è proprio per questo che il ristorante chiude solo dopo il Gran Premio di Formula 1 del 24 aprile, per iniziare il cantiere per la ristrutturazione delle cucine interamente rinnovate, volute, ideate e disegnate da Max Mascia. Un progetto completo, maturato in oltre 2 anni di lavoro assieme ad architetti e tecnici, che riflette e traduce la sua visione imprenditoriale. Mascia ha studiato il progetto perché possa entrare nelle campagne degli incentivi statali, perché le cucine diventino sostenibili con introduzione dell’induzione e il controllo globale dei flussi energetici, delle eccedenze. Il progetto coinvolge tutto il territorio attraverso aziende e maestranze italiane e locali, tra cui De Manincor di Trento che ha affiancato Mascia nello studio e la progettazione, le ceramiche di Imola e molti altri artigiani. E per la prima volta al San Domenico, i commensali entreranno in cucina con la chef table: una sala privata per sei persone proprio di fronte alla brigata al lavoro, un’ambiente contemporaneo dove pasteggiare vicino allo chef, dove pranzare o cenare in estrema privacy, osservando in diretta lo spettacolo della grande cucina.