Italy

Ripensare il turismo può essere un’opportunità

L’Italia è vittima dell’overtourism ma ha tutte le potenzialità per stravolgere questo trend, una proposta per ripartire dai territori e dal turismo lento

Volentieri pubblichiamo un articolo del prof. Massimo Coppetti, docente presso Rome Business School del Master in International Master in Tourism and Hospitality Management.

La sua, storia, cultura, e imparagonabile bellezza, rendono l’Italia una delle mete turistiche più gettonate al mondo. Secondo un’indagine di Demoskopika, l’Italia si prepara ad accogliere oltre 442 milioni di turisti nel 2023, segnando una crescita del 12,2% rispetto al 2022. Questo è un buon segno per il settore, ma nasconde un grande problema: l’overtourism.

Più spostamenti comportano un considerevole impatto ambientale, sociale ed economico, che traggono delle conseguenze negative nelle comunità interessate. Sentiamo spesso parlare di turisti che scavano i propri nomi sulle pareti del Colosseo o si fanno il bagno alla Fontana di Trevi, ma non dobbiamo dimenticare che il sovraffollamento turistico implica che un territorio diventi sempre più esaurito e perda la sua autenticità. Questo conta in particolare per le risorse naturali, di cui c’è sempre più domanda ma meno disponibilità, e per la cura della tradizione. I territori diventano sempre più anonimi nella ricerca di adattarsi al turista, le città d’arte quali Venezia e Firenze finiscono per essere i parchi divertimento del Mediterraneo.

Questa estate però, sono stati gli stranieri a sostenere il settore. Secondo Assoturismo, ad agosto ci sono stati +4% di stranieri rispetto l’anno scorso, mentre gli italiani sono rimasti a casa o partiti per fare le vacanze all’estero: ci sono 800 mila presenze in meno rispetto il 2022. Il problema si presenta al vedere che il 52% del totale delle presenze dei turisti si concentra in sole 5 regioni: Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia. In queste regioni, ma non solo, è diventato sempre più difficile trovare una casa perché le persone preferiscono affittarle come Airbnb, sono aumentati esponenzialmente i prezzi dei servizi e si è creata una catena di forza lavoro precarizzata e sfruttata, schiava delle logiche di profitto del settore.

Inoltre, si presenta il gravissimo problema dell’impatto ambientale del turismo. Già quest’anno abbiamo visto dei cali negli spostamenti turistici dovuti alle estreme temperature, ma si deve tener conto del peso degli spostamenti.

La mobilità ha fatto da start up al turismo ed è una fonte indispensabile per la sopravvivenza stessa dell’industria. Essere turisti viaggiatori, significa muoversi verso una destinazione, lasciare il posto in cui si risiede per partire e raggiungere una meta diversa. Per questo motivo la mobilità è l’anima stessa del turismo, ma oggi la dobbiamo affrontare con un approccio più puro, consapevole e sostenibile.

Il settore dei trasporti in Europa contribuisce per un quarto alle emissioni totali di CO2, con il trasporto su strada responsabile del 71,7% di queste emissioni secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente. Negli ultimi tre decenni, le emissioni di gas serra sono cresciute del 33,5% nel settore, con le automobili e il trasporto su gomma come principali fonti inquinanti rispetto ad altri mezzi di trasporto. Le auto elettriche stanno guadagnando terreno, costituendo il 17,8% delle nuove immatricolazioni nel 2021. Tuttavia, anche se effettivamente sono meno dannose per l’ambiente, occorre considerare le emissioni legate alla produzione e allo smaltimento. D’altro canto, nel settore dell’aviazione, i carburanti sostenibili rappresentano una strada verso emissioni zero entro il 2050, sebbene siano ancora in fase embrionale. L’industria del turismo ha il potenziale di agevolare questo cambiamento cruciale, adottando modelli più sostenibili per il bene del pianeta e delle sue comunità.

Ci sono alcuni fattori che possono influenzare il trasporto rendendolo più virtuoso, riducendo gli aspetti negativi legati alle diverse forme di mobilità quali l’inquinamento non solo dell’aria ma anche acustico e visivo.

Slow tourism: un’esperienza rispettosa del territorio

Bisogna puntare sul turismo esperienziale. Un turismo lento, decentrato dove una volta arrivati a destinazione, ci si può concentrare a capire gli usi e costumi di un nuovo mondo utilizzando le forme di trasposto a basso impatto, treni, biciclette e car sharing.

Questo permette non soltanto di scoprire nuovi territori, che possono beneficiare economicamente del turismo, in maniera sostenibile, ma punta a valorizzare la tradizione, cultura e storia di spazi che vengono pressoché dimenticati. Lo slow tourism, inoltre, riavvicina il viaggiatore con la terra e fa respirare i centri turistici sovraffollati che stanno perdendo le proprie particolarità, adeguandosi sempre di più alle esigenze dei turisti internazionali al posto di preservare il proprio patrimonio culturale.

L’Italia è una vittima del turismo di massa, ma ha tutti gli strumenti per combatterlo. Il nostro paese ha le risorse fisiche, strategiche ed economiche per essere già all’avanguardia nel settore del turismo green. Siamo il paese dei borghi, dello slow food, del vino biologico, dei cammini che uniscono culture e popolazioni differenti (solo la via Francigena mette in contatto oltre 600 comuni) e possiamo già adesso offrire esime forme di turismo sostenibile. Quindi, bisogna rafforzare il valore percepito della nostra industria del turismo anche perché i numeri parlano chiaro: è un’industria che rappresenta il 5% del PIL nazionale (il 13% considerando anche il PIL generato indirettamente) e oltre il 6% degli occupati. Purtroppo, però, è un settore che non viene abbastanza valorizzato.

Serve una più precisa e coerente volontà strategica nazionale, regionale e provinciale, volta ad un cambiamento radicale della percezione e dell’offerta del turismo e dell’ospitalità in generale. In Italia c’è bisogno di politiche e strategie coraggiose che trasformino industrie obsolete e dannose per l’ambiente in industrie, come quella turistica, con alta potenzialità di profitto sostenibile.

Nel dopo guerra, siamo stati capaci di trasformare un paese retrogrado e semi distrutto in una delle prime potenze industriali. Proviamoci anche nel 2023. Ritornando ad investire nell’educazione, al fine di avere una proposta formativa capace di erogare quegli strumenti di conoscenza, atti a realizzare non solo nuove tecnologie, nuove forme di intelligenza, nuovi e profittevoli modelli di business, ma anche aiutando le nuove generazioni ad usare il nuovo soprattutto in funzione del ‘vecchio’ rispettandolo, tutelandolo e preservandolo. Mi rifiuto di pensare che i ventenni di oggi potranno avere solo una vacanza digitale e virtuale come è il caso delle isole di Tuvalu, che scomparendo a causa dell’innalzamento del livello del mare, e al momento sarà la prima nazione digitale al mondo, che sembra al momento l’unica soluzione per preservare la sua esistenza.

L’industria del turismo, globale e soprattutto locale, può e deve imporsi come esempio illuminato per gli altri settori dell’economia italiana. Svolgendo un ruolo essenziale anche per la riduzione dei costi relativi ai vari mezzi di trasporto, proponendo destinazioni fruibili con mezzi pubblici e/o alternativi. Non ci resta altro che iniziare ad aiutare i giovani ad aver un futuro. Buon Viaggio.