La musica non può cambiare il mondo. Lo hanno ripetuto in tanti. Eppure, visitando la mostra Revolution. Musica e ribelli 1966-1970, dai Beatles a Woodstock – in programma fino al 4 aprile alla Fabbrica del Vapore di Milano – qualche dubbio ti viene. Perché la musica, insieme alla poesia, alla letteratura, al cinema, alla moda, all’attivismo politico, il mondo sembra averlo cambiato parecchio. Un fantasmagorico succedersi di eventi, quelli accaduti dal 1966 al 1970, capaci di scardinare tutto, come racconta bene la mostra Revolution.
1826 giorni, i cui fotogrammi si susseguono nelle sale della Fabbrica del Vapore, in un cortocircuito spazio temporale. Dalla “Swinging London” di King’s Road e Carnaby street, alla San Francisco hippy di Haight-Ashbury, passando per la Parigi del maggio francese e anche dalla Roma beat del Piper. Scorrono i filmati della Cina di Mao Tse Tung, insieme a quelli della rivolta civile di Martin Luther King e sul grande schermo curvo, brillano le scene del mitico raduno musicale di Woodstock.
Approdata a Milano direttamente dal Victoria and Albert Museum di Londra, la mostra si dipana in una festa di colori e musica – 41 brani rigorosamente d’epoca da ascoltare in cuffia, grazie alla sponsorizzazione di Sennheiser– fra 7 sezioni e 500 oggetti testimoni di momenti irripetibili: la chitarra bruciata da Jimi Hendrix al Monterey Pop Festival, la batteria di Keith Moon degli Who, l’abito di scena di John Lennon per Sgt Pepper, la lettera manoscritta di Paul McCartney annunciante la sua separazione dai Beatles. Esposte ci sono anche centinaia di copertine di vinili entrati ormai nella storia, alcune con le celebrate illustrazioni degli studi grafici più creativi dell’epoca, come Hipgnosis di Storm Thorgerson. Su tutto campeggia l’idea di una Rivoluzione possibile, che per quanto apparentemente sopita, fatica per fortuna ad abbandonarci.
Come scrive Fran Tomasi curatore della mostra – insieme a Victoria Broackes, Geoffey March, Clara Rosa Pamphili e Alberto Tonti – « la rivoluzione delle coscienze è la più interessante e meno conosciuta, soprattutto dai giovani che, in quegli anni, furono i veri protagonisti: la musica diviene lo strumento di emancipazione dei vecchi costumi, si diffonde un desiderio di libertà e di uguaglianza, i ragazzi si trasformano in “cittadini del mondo”, cambiano i miti dai Beatles e Rolling Stones a Che Guevara, Mao Tse Tung, Martin Luther King. I movimenti studenteschi contestano i metodi di insegnamento nelle scuole e nelle università e chiedono libertà di parola con lo strumento della assemblea. La protesta si orienta verso temi che riguardano la politica, i diritti civili e la segregazione razziale.»
Nel 1968, i Beatles cantavano: «You say you want a revolution / Well, you know, We all want to change the world» ( Dici di volere una rivoluzione/ Beh sai, tutti vogliamo cambiare il mondo). E i Rolling Stones sempre nel 1968 rispondevano «Everywhere I hear the sound of marching, charging feet, boy/Cause summer’s here and the time is right for fighting in the street, boy» (Ovunque sento il suono di passi di marcia, che caricano / Perché l’estate è arrivata ed è il momento giusto per combattere in strada, ragazzo).
Fabbrica del Vapore fino al 4 aprile 2018 – Via Cesare Procaccini 4, Milano
Orari: Lunedì 15.00 – 20.00; Giovedì 10.00 – 22.00; Martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 10.00 – 20.00; 1 aprile orari 10.00- 20.00; (Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)
Biglietti: Intero: € 16, Ridotto: € 14, Bambini: € 10 www.mostrarevolution.it
Da leggere: il catalogo della mostra suddiviso in nove sezioni e corredato da saggi di numerosi esperti, analizza “l’epoca d’oro” 1966-1970. Musica, moda, design, turbolenza politica e cambiamenti sociali che ebbero come protagonista la cultura giovanile. 320 pagine 514 colori, cartonato edito da Skira / V&A Publishing, € 49,00
Infoline e prevendite www.vivaticket.it