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L’India dei re

Ganesh, Durga e la storia d’amore tra Akbar e Jodha

Forte di Amber. Foto di Meriç Dağlı su Unsplash

Dalla monumentale Porta di Ganesh, impreziosita da mosaici e affreschi, il dio indù dalla testa di elefante osserva i visitatori. Se non si hanno cattive intenzioni Ganesh invierà la sua benedizione e si potrà entrare tranquilli nel terzo cortile del Forte di Amber. È un antico palazzo del Rajasthan, cioè la Terra dei Re, e da questa porta si entra negli sfarzosi appartamenti privati del Maharaja, il Grande Re. Accanto a questi appartamenti sorge il leggendario Palazzo degli Specchi: le sue pareti e i suoi soffitti sono tempestati da migliaia di specchietti e da altrettante pietre semipreziose, che illuminate di notte da centinaia di candele brillavano come stelle nel buio. Così la Maharani (Grande Regina) e le dame di corte potevano riposare al sicuro, sotto un tetto, senza privarsi della vista del cielo stellato. Ma il Palazzo di Amber non è certo l’unico esempio delle meraviglie del Rajasthan. È solo uno dei sette palazzi di Maharaja dichiarati Patrimonio Culturale Unesco. E il Rajasthan conserva anche siti Unesco ben diversi, come l’antico osservatorio astronomico/astrologico di Jaipur, creato dal re-astronomo Jai Singh.

Un animale intelligentissimo

Tornando ad Amber, non è un caso che, fra migliaia di divinità dell’induismo, proprio Ganesh sia stato scelto come protettore di quella parte del palazzo. Il panciuto dio dalla testa di elefante infatti è molto caro alle donne, perché secondo un antico mito indù difese le stanze private della dea Parvati da chi voleva entrare senza essere invitato. Il garante della sicurezza e della privacy delle donne, dunque. Ma non solo. Ganesh è molto venerato da tutti come divinità che aiuta a superare gli ostacoli. È invocato dallo studente che deve superare un esame difficile, dall’esercente che apre un negozio, da chi cerca un nuovo lavoro o da chi ha un problema d’amore e vuole superarlo.

Perché proprio un elefante? Perché sin dall’antichità gli indiani si accorsero che l’elefante – animale intelligentissimo – era l’unico ad avere anche la forza per togliere un ostacolo dal proprio cammino: per esempio prendendo con la proboscide un albero caduto sulla strada e spostandolo altrove.

La dea combattente

Un’altra divinità indù molto invocata in Rajasthan è la dea Durga: nel 2023 durante un festival induista è stato donato a una statua della dea un abito intessuto di 125.000 pietre preziose, in modo che la dea potesse brillare per sempre. Un’offerta di incalcolabile valore. Nei templi induisti Durga è tradizionalmente raffigurata a cavallo di una tigre o di un leone, e con la spada in mano. Rappresenta la combattente, l’aspetto guerriero delle donne, e in Rajasthan guerrieri e guerriere sono sempre stati molto popolari. Non a caso: in questa terra gli indù hanno combattuto molto a lungo contro gli invasori musulmani. Inoltre la casta più importante e influente di questo Stato – che esprimeva i Maharaja – è sempre stata quella dei Rajput, i guerrieri Figli di Re.

Il Rajasthan, che ha un’estensione pari a quella dell’Italia, proprio come l’Italia, per molti secoli fu diviso in tanti piccoli regni e principati, ciascuno dotato di imponenti fortezze. Nel tempo furono quasi tutte conquistate dalle armate di musulmani turco-mongoli provenienti dall’Afghanistan, e su quelle grandi battaglie furono composti poemi epici e canzoni. Ancora oggi è possibile ascoltarli, messi in scena dai cantastorie, nei villaggi di campagna.

La tolleranza vince su tutto

Alcune di quelle storie di guerra parlano anche d’amore, come la storia di Akbar e Jodha. Akbar, discendente di Tamerlano, era un imperatore della dinastia turco-mongola dei Moghul, e a differenza di altri era un musulmano aperto e tollerante, protettore delle arti e delle minoranze religiose del suo regno. Per stringere alleanze politiche Akbar fece tre matrimoni sposando tre donne di dinastie e religioni diverse: una cristiana, una musulmana e una indù, Jodha. Questa era la fiera figlia del Maharaja di Amber, orgogliosa Rajput e, come induista, fedele del dio Krishna. Pose molte condizioni ad Akbar per accettare di sposarlo, fra cui quella di poter portare con sé una statua di Krishna, e soprattutto di non doversi convertire all’islam (come sempre richiede la legge islamica quando una donna non musulmana sposa un fedele). Con grande sorpresa di Jodha, Akbar rispose di sì a queste e alle altre sue richieste, sfidando la disapprovazione del clero islamico a corte. Dopo un’iniziale diffidenza reciproca, i due cominciarono ad apprezzarsi e il matrimonio politico divenne una grande storia d’amore. Anche di questa parlano i cantastorie dei villaggi. E anche queste sono le magie del Rajasthan.

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