Di Giulia Valsecchi
La premessa di una mostra antologica, che chiude la trilogia Picasso a Milano, è una volta in più sia l’indagine di un’arte intesa dal suo genio come azione drammatica, sia l’onda lunga di una produzione di oltre duecento opere, comprensive di una sperimentazione altrettanto generosa in termini di tecniche. Dai dipinti alle sculture, dalle fotografie e incisioni fino ai disegni.
In mostra a Palazzo Reale dal 20 settembre 2012 al 6 gennaio 2013, i capolavori del Museo Nazionale Picasso di Parigi beneficiano intanto di una pausa di ristrutturazione dell’edificio seicentesco parigino che dal 1985 ospita una raccolta ingente, grazie alla mania conservatrice del suo eponimo, ma anche a più favorevoli condizioni promosse dalla legge sulle tasse di successione in vigore in Francia dal 1968.
Quel che tuttavia viene meno a confronto con le altre due esposizioni milanesi – la prima nel ’53 appena dopo i bombardamenti, la seconda nel 2001, poco dopo l’attacco alle Torri – è il senso di realismo, inteso come consapevolezza di un evento di grido con evidenti lacune sorpassate da allestitori e assessorato. Se infatti la prima esperienza del dopoguerra rimanda al prestito epocale di Guernica (1937) all’interno della più distrutta e perciò suggestiva Sala delle Cariatidi, oggi non si può dire lo stesso di fronte a una ricostruzione a video dell’opera capitale di un maestro che tutto avrebbe voluto, forse, tranne che un’emulazione tecnologica.
Ci si aggira tra capitelli monchi e immagini memorabili scattate da fotoreporter come Robert Capa osservando la straordinarietà de Il massacro in Corea (1951) ispirato a Goya e provando quasi un senso di vuoto, di appuntamento mancato, pur nella riconoscibile vastità delle opere prestate. E se in più è ricco l’emisfero dei periodi picassiani, da quello blu a quello rosa, dalle volumetrie frante e ingombranti ai ritorni primitivisti in scultura, si avverte l’assenza di un’effettiva simbiosi tra quell’esprit incandescente e il visitatore.
Una mostra complementare e gratuita raccoglie poi i documenti del 1953, le testimonianze che spingono Pablo ad accordarsi con un senatore del Partito Comunista per la cessione temporanea a Milano di Guernica. Ma per chi ha memoria più recente era forse meno filologico il percorso del 2001, premessa a reincontrare l’artista a Barcellona e Madrid dove ogni volta immergersi significa restare imbrigliati nell’ossessione delle immagini fisse degli specchi, nel pianto di Dora Maar e nelle anatomie classiche rispolverate per avere ancora da imparare. Picasso a Milano è sì un’avventura magmatica, ma con l’autonomia dei grandi, l’assolutezza stilistica e proteiforme scevra da allestimenti scolastici su fredde pareti grigio-bianche. Nella foto in alto Massacro in Corea (1951).
Picasso
Capolavori dal Museo Nazionale di Parigi
Dal 20 settembre 2012 al 6 gennaio 2013
Milano, Palazzo Reale
tel. 0254911
www.mostrapicasso.it