Nel 2009 l’artista inglese Christian Nold ha messo a punto la Emotion Map, uno strumento a metà tra l’art show e l’hi tech che serve a rilevare le emozioni in base alle variazioni di sudorazione del viaggiatore nei luoghi visitati. In pratica, con un dispositivo Gps si registra l’alterazione emotiva del turista e si trasforma il dato in informazione geografica sulla mappa. A Firenze invece è stato recentemente avviato il progetto sperimentale Florence Emotional Map che si serve del web 2.0 per alimentare il sito emomapper.com con racconti ed emozioni di viaggio e la creazione di microcomunità di abitanti e fruitori di passaggio di uno stesso luogo, nate per condividere sensibilità e interessi spaziali contingenti. Grazie alle nuove tecnologie, l’interazione tra visitatore e città porta a una nuova forma di turismo creativo. Come quello proposto dalle guide Whaiwhai (scaricabili per Iphone, editore Log607) che invitano alla scoperta delle città d’arte italiane con una caccia al tesoro. E così Milano, Verona, Roma, Venezia, Firenze (e presto anche New York) sono la scena di un’avventura di cui il viaggiatore, munito di cellulare (indispensabile per l’utilizzo della guida), è il protagonista. Sono tutti esempi di turismo emozionale, recentissima tendenza che spiega le identità del viaggiatore e dei luoghi attraverso la loro reciproca relazione. Ma il fenomeno, come sempre, non è nato ieri, né l’altro ieri. Infatti, non è una novità che si viaggia in cerca di emozioni oltre che di luoghi, e che queste emozioni sono uno stimolo al cambiamento. Forse però è meno comune soffermarsi sul processo inverso, ovvero che le emozioni di chi attraversa un luogo si riflettono su quel luogo, connotandolo. Ma anche qui, pensandoci bene, nulla di nuovo. Per esempio, le isole sono generalmente considerate luoghi perfetti per vacanze da sogno, e costruiscono la propria identità attorno a quest’immaginario collettivo: tutto in quei luoghi è realizzato per soddisfare quell’idea. Insomma, per andare in vacanza, partire, fare un viaggio, ricorriamo spesso, e senza troppi ragionamenti, alla geografia emozionale, teorizzata per la prima volta da Giuliana Bruno, docente di Visual and Enviromental Studies all’università di Harvard, che nel 2002 ha pubblicato Atlas of Emotion. Journeys in Art, Architecture, and Film (edizioni Verso, New York). Secondo Bruno, «Le città sono la somma di quello che chi le vive e le percorre porta dentro di sé. Sono il riflesso dell’immagine che abbiamo di esse attraverso lo scorrere del tempo. Più che nel tempo, la memoria si muove soprattutto attraverso lo spazio. E anche il cinema, mettendoci davanti a immagini di paesaggi virtuali, crea dentro di noi mappe mentali ed emotive. I film ci conducono dentro le città e nei luoghi attraverso lo sguardo dei loro autori e dei loro protagonisti, e quelle architetture di sguardi si imprimono dentro la memoria insieme a ciò che gli occhi registrano durante gli spostamenti fisici reali» (Aria, n. 1, giugno 2005, edizioni Circom Psc). Grazie al paesaggio immaginario, il viaggio reale entra in relazione con l’identità del viaggiatore e del luogo. La geografia che ne consegue può allora essere definita come l’insieme degli spazi di cui si fa esperienza, e nasce da percorsi volti alla scoperta dei luoghi e di se stessi. Un esempio: qualunque città, anche la meno romantica, può essere una città dell’amore, se la passione amorosa diventa il “mezzo di trasporto” con cui gli amanti la percorrono e vi disegnano i propri itinerari emotivi. Nelle città i corpi si cercano, si trovano, si inseguono, si allontanano, si desiderano. Il desiderio crea traiettorie e itinerari. È trasporto, pura emozione in movimento» (Nuovi Turismi, edizioni Morellini, marzo 2011). Sara Magro
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In viaggio l’emozione è tutto
Consultare l’Atlas of emotions, misurare i luoghi la Emotion Map, entrare nella emotional community 2.0: nasce una nuova geografia