Venezia per i veneti, ovvero per chi non vi risiede stabilmente ma è comodamente in condizioni di raggiungerla, è sempre stata considerata una città da visitare di giorno e in giornata.
Il treno decisamente preferibile all’auto per arrivarci, per ragioni di costi ma soprattutto di parcheggio; la voglia di scoprire da dentro angoli sconosciuti o fuori degli itinerari noti anche per un abitante della stessa regione; la soddisfazione di condividere sui social l’esperienza di aver camminato tra le sue calli o di aver scattato foto dal vaporetto, magari durante l’estensione alle isole della laguna.

La Venezia di chi ama viverla da dentro
C’è però una Venezia all’ora del tramonto, autoctona e verace, che abbassate le saracinesche dei venditori di souvenir e fatti scendere i turisti all’imbarcadero Ferrovia, si anima dei sapori della tradizione e delle “erre” arrotate del suo dialetto (pardòn, lingua, perché quando vi è letteratura scritta – e Goldoni ha scritto tantissime commedie in idioma veneto – si parla di lingua).
Ecco: questa Venezia qui, con i suoi suoni, odori e colori che si mischiano insieme alle prime luci della sera e entrano in osmosi con lo sciabordio delle acque al buio, è la Venezia prediletta dai tanti veneti che la amano al punto da volervi trascorrere i fine settimana lì, affittando una casetta per rimanerci a dormire, respirare il salso del mare e gli umori sulfurei dei canali, svegliarsi all’alba con lo stridore in volo dei cocài e il tubare dei colombi, perché gabbiani e piccioni, qui numericamente sono più presenti degli stessi abitanti.

Colazione a casa e aperitivo in barchino
Ci sono molte soluzioni per un pernottamento a Venezia ma io ho sperimentato questa: arrivando in auto, ho scelto uno degli appartamentini vicini al garage San Marco di Piazzale Roma, ricavati da tre case a schiera del 1600, quelli con i muretti di mattoni rossi, dove si inerpicano gelsomini e viti selvatiche e la formula di accomodamento è quella del bed&breakfast. Dall’aspetto sembra un relais di campagna ritagliato in posto magico, in una delle zone più tranquille, silenziose, appartate e rilassanti del centro storico. Si chiama Venice Garden Houses e c’è persino una vera da pozzo in marmo di Verona del ‘500 nel cortiletto.

Il gestore, Claudio Camillo, mi racconta che una vera da pozzo identica, dello stesso materiale e stile, si trova solo sull’isola di Torcello, vicino alla Basilica.Claudio è veneziano della terraferma ma dal 1981 vive e lavora a Venezia.

Claudio è appassionato di storia veneziana e depositario di molte curiosità ed aneddoti. Possiede un barchino e a richiesta conduce gli ospiti a vivere, via acqua, Venezia all’interno dei canali che – spiega azionando motore e timone – erano le uniche vie di comunicazione fino al 1500.

La barca di Claudio è la tipica imbarcazione veneziana atta ad entrare in tutti i canali, scivolare sotto i ponti e addirittura passare sotto la Chiesa di Sant’ Stefano, dalla parte dell’altare, che si chiama altare del Santissimo.
Claudio, da cultore del turismo autentico, fa scoprire aspetti insoliti di Venezia: affacci sul Canal Grande e anfratti minori, palazzi visti da vicino. Durante l’escursione in barchino fa una cronistoria di Venezia, di come è nata. Poi, all’ora dell’aperitivo, attracca vicino a un bàcaro assicurando la cima e fa servire sul trasto (l’asse di legno di traverso alla barca che serve per sedersi) e la prua imbandite con improvvisate tovaglie, baccalà mantecato e sarde in saor, capesante e schie, oltre a cichetti della tradizione e biscottini zaeti e baicoli come nota dolce finale.

Noi ci siamo accomodati col barchino proprio sotto all’osteria Il Paradiso Perduto, godendo di ottimi stuzzicini e vino di qualità. Poi, una volta conclusa la bella pausa ristoratrice, si riprende a navigare tra i canali. Di tanto in tanto Claudio grida “Oè” per segnalare l’arrivo ad eventuali altre imbarcazioni e come d’incanto entra nel Canal Grande, così maestoso quando è sera con le vetrate dei palazzi illuminate e le trifore che si specchiano come merletti sull’acqua scura della notte.
Lezioni di voga alla veneta e altre tradizioni veneziane
C’è chi, dalla terraferma, da Padova e altre province, oltre a farsi l’aperitivo in barchìn diventato trendy , durante i weekend si reca a Venezia per prendere lezioni di voga alla veneta.Ne sanno qualcosa i ragazzi di Venice On Board, di Fondamenta Contarini, Associazione Sportiva Dilettantistica nata nel 2014 nel sestiere di Cannaregio dalla tenacia di tre giovani veneziani innamorati della loro città che impartiscono i verbi tipici del remare in piedi: “stagando” e “premando” che significa rispettivamente prendere la direzione a destra e sinistra con la barca. Venice on Board vuole trasmettere la passione per la voga e la vela veneta a quanti vogliano vivere Venezia e la sua laguna nel modo più autentico possibile. Oltre all’insegnamento della voga veneta, i ragazzi sono impegnati anche nel restauro e mantenimento di imbarcazioni tradizionali che verrebbero altrimenti abbandonate o demolite, ma anche alla progettazione e costruzione di tutte le pertinenze e accessori necessari all’utilizzo delle barche a remi (come forcole e remi stessi) e di quelle a vela (timoni, bozzelli, caviglie).

Il nuovo modo di vivere Venezia è dunque assecondarla nelle sue tradizioni.
Venire vie dalla folla di campi e campielli.
Incontrarla da soli, via acqua.
Centoventi, fra canali e rii, costituiscono la circolazione minore e secondaria di questo grande cuore pulsante che è Venezia.
Noi stessi siamo fatti per buona parte di acqua, battiti ed emozioni.
Forse, o proprio per questo, Venezia ci attrae e richiama così magneticamente.
