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Parlando di Catania

Con il regista Michele Leonardi, che a Catania ci è nato, ci ha lavorato, ci ha vissuto fino a un anno fa, e ci torna appena può

Con il regista Michele Leonardi, che a Catania ci è nato, ci ha lavorato, ci ha vissuto fino a un anno fa, e ci torna appena può

di Sara Magro

Michele Leonardi, 26 anni, è un regista catanese di cortometraggi. Il suo cinema indaga la dimensione privata del dolore, ciò che resta sepolto, l’ossessione che cova fino a esplodere. Nel 2015 ha partecipato al CICI Film Festival, un concorso di cinema indipendente che prevede la realizzazione in 5 giorni di un film, servendosi esclusivamente di attori e comparse del luogo in cui si svolge, Castellammare del Golfo. Così è stato scritto, girato e post-prodotto MIA, una storia in 8 minuti di due giovani donne, forse sorelle, che vivono insieme in un modo assai morboso che sconfina nell’incesto omosessuale (nella foto qui sopra sul set).

Il suo primo corto – Morte Segreta (13 minuti, 2014) -, è la storia di una madre che vive con un figlio depresso; quando il figlio migliora, la donna viene a sua volta inghiottita dalla stessa malattia. Il film, che ha per protagonista Lucia Sardo, l’attrice di I cento passi, è stato girato a Catania, dove il regista viveva fino all’anno scorso: «Catania è una città metropolitana, ma è piccola, le persone che fanno cinema non sono molte, e si conoscono tutte. Quando ho esaurito tutto quello che c’era da fare a Catania, sono andato Roma. A Catania però ci torno ogni volta che posso, è la città che amo e che identifico come casa mia».

«Catania ha vissuto un’impennata che l’ha resa “raggiante”, come dice Carmen Consoli, poi è iniziato il baratro culturale. Dal 2012 è iniziata una ripresa, anche se manca la vitalità degli anni Novanta. Però è una città pulsante, che non muore mai ed è nella sua natura rinascere, dopo ogni tipo di cataclisma subito. E, come è scritto su Porta Garibaldi: melior de cinere surgo, sorgo più bella dalle mie ceneri. Che “pulsa” si capisce dalla programmazione culturale. Faccio l’esempio del Teatro Coppola, un teatro occupato nato cinque anni fa sull’onda del Valle a Roma e Macao a Milano, con la peculiarità che è tuttora aperto e ogni anno diventa più interessante. In un’ottica di soldi che mancano ai grandi teatri (Massimo Bellini per esempio, ndr), che non riescono a pagare le produzioni e i dipendenti, un teatro indipendente che migliora di anno in anno è la dimostrazione che ci si può organizzare da soli anche quando le cose non funzionano a livello istituzionale. A Catania mancano veri e propri spazi di aggregazione, e se ne fai richiesta, potresti aspettare anni per poi sentirti dire “No”. Per questo il cantautore Cesare Basile insieme ad altri artisti hanno deciso di recuperare il Teatro Coppola era uno spazio abbandonato sotto gli Archi della Marina; lo hanno ristrutturato sottraendolo al inevitabile degrado, creando un’ottima relazione con la gente della Civita, il quartiere popolare dove si trova».

La musica a Catania è un altro argomento importante. «Non ha un luogo specifico, ma tante associazioni che la promuovono, come l’Associazione Musicale Etnea e l’Associazione Nonopiano (famosa anche come “Etcetera”), che dal 2009 ha cominciato a proporre concerti di altissimo livello, Josephine Foster, Matt Elliott, Josh T. Pearson, Eric Chenaux. A Catania, l’arte non luoghi definiti. Scenario Pubblico, Mercati Generali, Zo sono sempre i luoghi della musica e della danza. Ma non ci sono porti sicuri, ci sono percorsi. Poi ci sono la Fondazione Brodbeck, un’istituzione culturale, e Ritmo, gestita da trentenni e artisti, che propone mostre di livello sulla street art e non solo.

Ci faccia un ritratto in poche parole della città

«Catania è duale per natura, perché non può prescindere da una cosa gigantesca che noti quando alzi la testa, l’Etna, e nemmeno da un’altra cosa gigantesca che osservi quando abbassi la testa, il mare. Si vive bene, ci sono scenari belli e, nonostante tutto, un buon livello culturale. Però si tocca anche la disperazione, la crisi del commercio. Si sente il lutto, e il nero lavico è un suo abito. Hanno chiuso tanti negozi, associazioni, teatri, mancano fondi…. Ciononostante la città trova sempre una risorsa per rinascere; anche quando l’elettrocardiogramma dovrebbe essere piatto, dà segni di vita. Come diceva il regista Pietro Germi: “la Sicilia è l’Italia due volte. E così il catanese: pensa di essere il migliore, “sperto”, crede di fregare tutti, e invece viene sempre fregato. Siamo stati dominati da tutti, eppure crediamo ancora di saperla lunga. Catania è una città greca, che occupa gli spazi aperti, le piazze, le strade. Non ama stare dentro i posti. È qualcosa di capillare che si riscontra in tutto il tessuto cittadino. Per capire com’è adesso, ti porterei all’Arena Argentina, la classica arena estiva. Ci vanno tutti, giovani e meno giovani, ricchi e meno ricchi, intellettuali e no. Il che prova che l’interesse c’è, ma per aver successo un luogo deve diventare un fenomeno di costume. Non ci vai per vedere un film e basta, ma perché dopo bevi il seltz ai chioschi di piazza Umberto, poi mangi qualcosina in via Santa Filomena, per esempio FUD, e finisci da Mr Hyde o al Città Vecchia a bere: nell’arco di 300 metri ti passi la serata. Il catanese, come tutti i siciliani, conserva la sua indolenza: anche nelle sue attività ricreative, deve avere una routine. Si costruisce degli appuntamenti fissi, come il lunedì dell’Ostello (Agorà, ndr). Non si fa niente di particolare, si “furria”, ovvero si sta fuori e si gira. Sarò banale, ma un altro posto da vedere è via dei Crociferi, è la punta di diamante del barocco catanese, con 4 chiese in successione, e perché c’è la scalinata Alessi e il Nievski: ci si siede sui gradini, si fuma una sigarette e si beve, perché siamo eterni quindicenni».

Un simbolo che rappresenta Catania

«In un documentario di Pippo Fava, Mariella Lo Giudice dice: “l’Etna è la Sicilia per tutti”. La Sicilia senza i suoi elementi di decadenza è come i maccheroni senza il cacio. È una città luttuosa, e non potrebbe essere diversamente con un vulcano sulla testa. Però è contrastata da un’indole leggera. A volte questi due aspetti cozzano creando momenti di follia collettiva. Altre volte si amalgamano dando origine a personalità geniali come il premio Nobel Ettore Maiorana, il poeta Sebastiano Addamo, Emilio Greco, artista che Picasso ha definito il più grande disegnatore europeo del suo tempo. In piazza San Francesco d’Assisi, c’è un piccolo museo con le sue opere che conoscono in pochissimi».

Chi sono quelli di adesso?

«Franco Battiato e gli Uzeda, il miglior gruppo noise rock in Italia. Non a caso pubblicano per Touch and Go, una delle maggiori etichette di musica indipendente. E stanno a Catania, da sempre. Un’altra realtà sono i gemelli Carlo e Fabio Ingrassia, miei cari amici, pastellisti e scultori – uno destro l’altro mancino – che compongono simultaneamente i loro lavori».