HOSPITALITY

Tutto il lusso italiano

A Firenze, dal 12 al 16 marzo, c’è DUCO, primo summit sul meglio del Belpaese, con tutti i più importanti 5 stelle indipendenti e di catena. Riunirli è il miracolo compiuto da Carolina Perez, brasiliana, fondatrice della Travelweek di San Paolo e appassionata d’Italia

L’Italia è pur sempre il Belpaese, dove tutti sognano di andare. E non c’è viaggiatore che non vi preveda una sosta, come ai tempi del Grand Tour, per diverse ragioni, alcune storiche alcune nuove: sicurezza, natura, monumenti, buon cibo e buona accoglienza, e tante altre virtù che contribuiscono al sentimentalismo del viaggiatore. Secondo i dati ISTAT sui primi undici mesi del 2017, i turisti stranieri sono cresciuti del 6,3 %, superando i turisti italiani. Ed è cresciuta anche la spesa dei viaggiatori stranieri: +7,1% per oltre 37 miliardi di euro. Sentimenti confermati anche nel segmento lusso, dove l’Italia è sempre nella top list delle mete preferite, come conferma il Luxe Report del prestigioso network di agenzie Virtuoso, presentato alla fiera del turismo di alta gamma ILTM lo scorso dicembre. E proprio l’Italia di lusso è protagonista di Duco Travel Summit, (ducotravelsummit.com), che dal 12 al 16 marzo fa incontrare a Firenze management e proprietari degli hotel e degli operatori più esclusivi con agenti e consulenti di viaggio provenienti da Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia. Alla regia di questo appuntamento che colloca l’Italia a pieno titolo sulla mappa del lusso internazionale, c’è Carolina Perez, che dopo 16 anni di esperienza nell’agenzia di viaggi fondata dalla madre Teresa, nel 2009 ha fondato la Travelweek di San Paolo, che in poco tempo è diventata la più importante fiera del turismo brasiliano, e nel 2013 l’ha venduta ad ILTM. Da allora è iniziato un periodo sabbatico di viaggi, durante i quali ha ideato Duco.

Perché ha scelto l’Italia come luogo e oggetto della sua rassegna?
L’Italia offre una varietà senza rivali in termini di cultura, cucina e ospitalità. E comunque, anche se sono orgogliosamente brasiliana, ho ottenuto la cittadinanza italiana grazie al bisnonno pugliese e la bisnonna veneza.

Qual è stata l’ispirazione di Duco?
Il Nabucco all’Arena di Verona, nel luglio 2015: lì è nata l’idea. Avevo giurato che non avrei più lavorato dopo le fatiche della Travelweek. Però l’Italia è una tale fonte d’ispirazione, che non ho potuto sottrarmi a questa nuova avventura.

Perché si è focalizzata sul “Best of Italy”?
Ho partecipato a tante conferenze internazionali del turismo di lusso, e l’Italia era sempre presente per promuoversi. Quindi perché non organizzarne una direttamente in Italia? In questo modo i buyer possono vederla e viverla personalmente.

È stata facile l’organizzazione?
Se solo avessi immaginato lo sforzo, avrei rinunciato subito. Ma avevo creato un’aspettativa e non potevo tirarmi indietro. Abbiamo iniziato a lavorare nell’aprile 2016, e fino a oggi, a pochi giorni dall’inizio, riceviamo decine di mail di espositori e buyer che vorrebbero aggregarsi.

Perché Firenze?
Firenze sta a metà tra i due aeroporti più importanti. E fin dai primi incontri con i manager degli maggiori alberghi fiorentini, quando avevo solo il nome e un’idea di massima, ho ricevuto un consenso entusiasta. Quindi abbiamo cominciato a strutturare il progetto e a presentarlo anche ad alberghi piccoli e indipendenti, in tutta Italia. Ma è stata un’avventura, perché gli italiani non prendono decisioni al volo, hanno bisogno di riflettere. Così molti hanno perso l’occasione, perché a luglio 2017 gli 80 posti da espositori erano esauriti.

Cosa hanno perso?
Duco è un evento di nicchia, che promuove una sola destinazione, per di più piccola come l’Italia. La meta viene sviscerata, promossa e se ne stimola il mercato.

In cosa consiste differisce questo summit da altri?
Nello stile per esempio. Duco non si svolge in un’unica sede, ma tre: 250 persone, di cui 110 buyer spesati al 100%, si sposteranno ogni giorno in un posto diverso di Firenze, Four Seasons, Belmond e St Regis.

Questo non complica la logistica?
Non è un problema. Siamo un’azienda “paperless”, niente brochure e carte, si fa tutto su iPad, indipendentemente dal dove.

Quanti incontri offrite in tre giorni?
Ogni partecipante avrà 48 appuntamenti e 6 eventi in programma, secondo un’agenda sviluppata da noi.

Chi sono i vostri partner italiani?
Non avremmo potuto realizzare Duco senza supporter eccezionali come Carlotta Ferrari, direttore di Convention & Visitros Bureau, o Alberto Peruzzini e Marta Javarone di Toscana Promozione Turistica.

E le altre regioni?
Abbiamo cercato l’appoggio delle singole regioni, ma vedono Duco come un evento toscano. Non siamo riusciti a far loro capire l’importanza di esserci. C’è un individualismo molto radicato.

Cosa lascerà Duco?
La nostra mission è promuovere l’Italia di qualità e dimostrare l’importanza di unire gli sforzi per ottenere successo, che si traduce per esempio in soggiorni più lunghi, con più tempo per frequentare i ristoranti, fare shopping, godersi l’hotel. Il turismo non si fa sventagliando numeri. Sennò tutta l’Italia fa la fine di Venezia, che in certi momenti sembra Disneyland.

Ci sarà una seconda edizione?
Mi auguro di sì. Per il momento abbiamo creato un’iniziativa che mette concretamente l’Italia nel calendario degli eventi internazionali e che porterà nel Paese più di 100 agenti che potranno viverlo e capire perché promuoverlo invece di altre destinazioni.