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Singing in the rain

Quattro giorni in Costa Rica, dove il verde è più verde e la qualità della vita la migliore al mondo. Nonostante il meteo

Testo e foto di Germana Cabrelle

“Caballito con trozo de luna” è il titolo del quadro che arreda la parete di un hotel di transito a San Josè, la capitale del Costa Rica. Ritrae un cavallo stanco sotto una falce di luna. Dietro le finestre la pioggia scende fitta e diagonale, come le pennellate grigie e oro del dipinto, che assomigliano alle albe di questa terra, precoci quanto i tramonti.

In Costa Rica, nella parte che affaccia all’Oceano Pacifico, piove dieci mesi all’anno; nell’entroterra sei.

Gli abitanti hanno imparato ad amare la pioggia, a conviverci. Senza di lei non ci sarebbe questo articolato sistema ecologico: la fitta e rigogliosa vegetazione delle foreste nebulose, il colore verde dei prati e degli alberi che per effetto della fotosintesi clorofilliana qui è ancora più verde, la flora e la fauna speciale e unica che si vede soltanto qui, come i coloratissimi pappagalli Ara.

Anche chi viene in Costa Rica da turista impara ad amare la pioggia in tutte le sue espressioni: da quella nebulizzata e sottile delle cascate, che accarezza e rinfresca anticipando l’arcobaleno; a quella torrenziale e impetuosa, alleata con il vento, che sbatte e piega a suo capriccio ogni cosa. Perché il Costa Rica possiede tutto il fascino potente della natura incontrollata, il concentrato dei quattro elementi che qui sono amalgamati insieme in un unicum inscindibile: acqua, aria, terra, fuoco. In tutto il Paese si contano 212 vulcani attivi; di questi nove borbottano sotto il livello del mare e 60 sono addormentati.

La Panamericana, la rete stradale di quasi 26 mila chilometri che scorre dall’Alaska all’Argentina, attraversa tutto il Costa Rica fiancheggiata da alberi di mango, palme, coltivazioni di caffè e canna da zucchero da cui si produce Cacique Guaro – detto anche il liquore delle quattro penne per il logo riportato sull’etichetta – e Ron centenario, ma tutto è in mano, dal 1853, alla Fàbrica nacional de Licores.

A bordo strada, commercianti ambulanti vendono prestiños, un impasto di farina di frumento fritto servito con miele venduto in bottiglia, ma si possono comprare anche pezzi di jocote, un frutto il cui nome scientifico è Spondias Purpurea, che di aspetto assomiglia al mango ma appartiene alla famiglia delle anacardiacee.

Attraverso questo panorama in saliscendi si arriva al distretto denominato La Fortuna e d’un tratto si scorge il cono frastagliato del vulcano Arenal, il più attivo del Costa Rica, che erutta regolarmente lava e lapilli: si distingue per la nuvola di fumo sulla sommità. I geologi del posto dicono che il tappo potrebbe saltare da un momento all’altro e il magma, spingendo, fuoriuscire dalla parete più debole.

La Fortuna è un parco naturale che comprende, oltre alle sorgenti termali di Tabacon, anche una cascata di settanta metri, la Catarata de La Fortuna. È un luogo di escursioni a piedi con scarpe a mescola dura, per non scivolare; di passeggiate in salita fino a raggiungere terrazze che consentono bellissimi scatti fotografici per contemplare la magnificenza dell’ecosistema che si estende tutto intorno, col suo verde più intenso, la terra più scura, la natura più rigogliosa. Dove un fiore di soli due petali rossi e carnosi come due labbra imbellettate si chiama boca de puta, bocca di puttana. Dove crescono frutti salutari e addirittura con proprietà anticancro come la carambola, il noni,  la guanàbana. Per pranzo ci si ferma a mangiare nei self-service lungo le strade o in aree di parcheggio. Una costante alimentare sono i fagioli, ma anche il riso e il pollo sono specialità tipiche.

Sempre con l’accortezza di indossare capi impermeabili, adeguatamente attrezzati, il Costa Rica e in particolare la zona di Monteverde, è il paradiso del trekking nella foresta pluviale, mentre la pioggia scroscia e batte sulle foglie, dove la vegetazione si abbarbica su se stessa, si intreccia e lotta per avere più luce, facendosi spazio tra orchidee e sterlizie. Qui si cammina sui ponti sospesi, percorrendo lunghe passerelle nel vuoto, con l’orecchio teso a sentire il canto del quetzal e l’occhio che scruta  in basso a scovare la palma che cammina (si sposta di 20 centimetri all’anno) o si alza ad ammirare lo svettante espavel, uno dei più spettacolari alberi centenari.

Monteverde è  diventato anche il paradiso per lo sky trek, appesi a un gancio che scorre su cavi d’acciaio, in un volo adrenalinico a 70 km all’ora, lanciati fra verde e cielo in una discesa fra le nuvole e la foresta. http://skyadventures.travel.

La guida naturalistica Juvenal Acuña Sanchez spiega che ci sono dodici tipi di bosco in Costarica e un’altra esperienza che consiglia, oltre una sera di relax alle terme al Titoku (http://www.hotelarenalkioro.com) con le vasche a temperatura crescente, è l’escursione in barca sul rio Tàrcoles per il birdwatching, una destinazione attraente per i turisti perché si fanno anche incontri ravvicinati con i coccodrilli e ci si introduce col natante fin sotto la foresta di mangrovie. http://www.junglecrocodilesafari.com.

E mentre in un momento di sosta divide con noi qualche pezzo di queso palmito, il formaggio a pasta filante tipico costaricano, Juvenal racconta come il Costa Rica sia una delle più vecchie democrazie del mondo, con 150 anni di storia. “Nel 1948 è stato abolito l’esercito – spiega – e il nostro è considerato, a buon diritto, il Paese più felice del globo, con il 10% di disoccupazione e il 7% di povertà, dove la speranza di vita media per le donne è di 78 anni e per gli uomini 75. Nel 2021 – continua Juvenal – saremo il primo Stato a carbone neutrale, che farà uso solamente di energie pulite. Qui i camion, ogni sei mesi, sono sottoposti obbligatoriamente al controllo per le emissioni di gas di scarico, le auto ogni anno. Il 27% del Paese, essendo patrimonio verde, è protetto statalmente, il 7% da privati e anche gli hotel devono attenersi a determinati criteri di salvaguardia ambientale. Ecco spiegato il motto del Costa Rica, che si sintetizza in due parole: “Pura vida”. Sì, pura vita. E vita pura.

Una vita che è natura nella sua accezione più autentica e ancestrale, di fronte alla quale capisci che non c’è storia, che è lei la più forte, che vincerà sempre. Che davanti al tremendo spettacolo della sua potenza, come una pioggia torrenziale che inonda ogni cosa, col vento che soffia a 90 km orari urlando in vortici di giri e trasformandosi in feroz tormenta, a noi non resta che capitolare, in una resa umile e senziente, non odiandola bensì amandola di più e meglio di come abbiamo fatto finora.

Perché noi, in fondo, siamo solo cavalli stanchi dopo una corsa.

Arresi davanti uno spicchio di luna.

http://www.visitcentroamerica.com