EDITORIAL

Il Festival di Salisburgo

C’è ancora tempo per assistere alle repliche degli spettacoli di uno degli eventi più prestigiosi dell’estate europea, che chiude il 31 agosto. E per scoprire una città capace di unire il barocco a eleganti contaminazioni moderne

Centosettantanove spettacoli in 43 giorni in 15 sedi, a cui si aggiungono i 34 eventi del programma per i giovani. Sono i grandi numeri del Festival di Salisburgo, tornato ai fasti pre Covid. Fino al 31 agosto presenta un ricco cartellone con nuove produzioni e grandi nomi, una consuetudine con poche interruzioni dal 1920, l’anno in cui fu fondato dal regista Max Reinhardt, dal compositore Richard Strauss e dallo scrittore Hugo von Hofmannsthal. Le sue stagioni vantano personaggi come Toscanini, Karajan, Abbado, Muti, Glenn Gould. Gli spettacoli sono sparsi nell’intera Salisburgo, come indicato dai padri fondatori: “Tutta la città è un palcoscenico”.

Una scena di Orfeo ed Euridice, uno degli spettacoli del Festival di Salisburgo 2023.

I grandi temi di oggi

Il filo rosso dell’edizione 2023 è una citazione dall’Amleto di Shakespeare: “The time is out of joint”, che in italiano suona come “Il tempo è uscito dai cardini, è fuori sesto”. Per sottolineare come l’arte possa e forse debba trovare nuove intuizioni su temi e prospettive universali, anche in un tempo, come il nostro, che sembra del tutto fuori posto. Tra le opere in programma, due sono ispirate alla pregante drammaturgia del Bardo, entrambe con musica di Verdi: Macbeth, nella regia di Krzysztof Warlikowski con i Wiener Philharmoniker diretti da Philippe Jordan, e Falstaff, con Ingo Metzmacher sul podio dei Wiener e la regia di Christoph Marthaler. Il padrone di casa, Mozart, è omaggiato da una nuova produzione de Le nozze di Figaro, con la regia per la verità piuttosto discussa dell’attuale direttore del Burgtheater di Vienna, Martin Kušej, e Raphaël Pichon a dirigere i Wiener.

Si interrogano sulla fragilità di vite e rapporti umani anche l’Orfeo ed Euridice di Gluck, con Cecilia Bartoli, o The Greek Passion di Bohuslav Martinů, che esplora temi oggi familiari come rifugiati, esilio, giustizia, empatia. Significative sono pure le nuove produzioni della sezione teatro, che lanciano chiari messaggi su relazioni e diseguaglianze. Spicca ovviamente Jedermann di Hugo von Hofmannsthal, fin dalla fondazione del festival fulcro del programma e tradizionalmente rappresentato sul grande palcoscenico in piazza Duomo: racconta di un uomo ricco e gaudente a cui viene annunciata la morte imminente. Sono da ricordare anche Nathan il Saggio, dramma di Lessing sulla tolleranza fra religioni alla Perner Insel di Hallein, e la prima mondiale di Liebe (Amour),tratto dalla celebre pellicola del 2012 di Michael Haneke.

Ampia l’offerta concertistica. Spazia dalle serate con i Wiener Philarmoniker diretti da Riccardo Muti, Franz Welser-Möst e Jakub Hrůša alle orchestre ospiti, tra cui la West-Eastern Divan Orchestra con Daniel Barenboim e la pianista Martha Argerich, i Berliner Philarmoniker e Kirill Petrenko, o in chiusura il 31 agosto Anne-Sophie Mutter con la Boston Symphony Orchestra diretta da Andris Nelsons. www.salzburgerfestspiele.at/en/

Lo spettacolo dei teatri

Il festival è certo l’evento di maggior spicco a Salisburgo. Ma la città austriaca mette in scena ben 4.000 eventi durante tutto l’anno. Già a settembre, dal 13 al 17, ecco “Take The A-Train”, con la stazione ferroviaria centrale trasformata in palcoscenico all’aperto, mentre all’interno vanno in scena flash mob e walking concert.

E poi è un’attrazione la città. Dove sono d’obbligo perfino i teatri e le sedi del festival. Le tre costruite appositamente, la Haus für Mozart, la Felsenreitschule e la Grosses Festspielhaus, si stringono sotto l’imponente falesia del Monchsberg, nella Hofstallgasse. Nascono dalla trasformazione delle scuderie di corte volute dall’arcivescovo Wolf Dietrich nell’ex cava di materiale per la costruzione del Duomo, a cui si erano aggiunte le scuole di equitazione invernale e estiva.

La prima ad aprire è quella che oggi si chiama Casa per Mozart, nel 1925, con la supervisione dell’architetto Clemens Holzmeister. Fortemente rimaneggiata, ora ha la forma datele nel nuovo millennio dal duo di architetti Holzbauer e Valentiny, con un’acustica perfetta e appariscenti foyer, caratterizzati dal vetro che attraversa i pavimenti e la parete a doghe che rivela la testa di Mozart in cristallo tra le aperture. Tutt’altra atmosfera nella Karl-Böhm-Saal, il foyer già aperto da Holzmeister, con le rocce di conglomerato del Mönchsberg lasciate a vista e l’affresco del soffitto di quasi 600 metri quadri del pittore di corte Michael Rottmayr.

Di grande impatto è la Felsenreitschule, la Scuola d’equitazione nella roccia, nata dalla trasformazione del maneggio estivo disegnato dall’architetto del barocco Johann Bernhard Fischer von Erlach, con già 96 palchi per gli spettatori tagliati nel Mönchsberg. Anche qui lo spazio è molto cambiato dal 1926, anno della prima rappresentazione. I progetti dell’architetto Clemens Holzmeister hanno aggiunto un palcoscenico e una buca per l’orchestra, un tetto mobile e tribune per il pubblico. Le arcate sono diventate parte del palcoscenico. Ma non solo. Oggi, come tra il 1926 e il 1937, si entra alla Casa di Mozart e alla Felsenreitschule attraverso il foyer Faistauer, affrescato in soli quaranta giorni dal pittore salisburghese. Rimossi nel 1938 dai nazisti, i dipinti, bell’esempio di espressionismo austriaco, furono ripristinati nel 1956 e riaperti al pubblico solo nel 2006.

Fa bella mostra di sé anche il Grosses Festspielhaus, il Grande Teatro del Festival, “inserito” tra il 1956 e il 1960 tra la facciata delle ex scuderie di corte e il Mönchsberg. Il progetto di Holzmeister (con molti suggerimenti di Karajan per il design della sala) hanno richiesto la rimozione di 55.000 metri cubi di conglomerato dal monte e la trasformazione delle scuderie in foyer, come ricordano i mosaici del pavimento con teste di cavalli. Oggi è tra le sale da concerto più grandi al mondo, arricchita da pezzi d’arte, tra cui le sculture di marmo di Carrara di Wander Bertoni e i crocifissi di Robert Longo.

Vista di Salisburgo dal Kapuzinerberg.

La città da scoprire

Al di là del festival e delle sue sedi, Salisburgo stupisce con la sua armonica alternanza di antico e moderno. Una bellezza singolare, resa possibile dalla solida base economica creata dai giacimenti di sale, metallo e pietre preziose e dal regno assolutistico dei principi arcivescovi, protetta dal 1997 dall’Unesco. Ne dà una visione d’insieme il Dom Quartier, che compirà 10 anni il prossimo anno. L’innovativo percorso museale inanella i saloni della residenza urbana dei principi arcivescovi, i terrazzi aperti sulle piazze centrali circondate dai palazzi barocchi, ma anche la tribuna dell’organo affacciata sull’interno del Duomo. E la Galleria della Residenza, con opere di grandi artisti internazionali e austriaci, tra cui Makart, nato a Salisburgo, o il pittore del Biedermeier Waldmüller. Invita anche il castello Mirabell, sull’altro lato del fiume, costruito da Wolf Dietrich per ospitare l’amante Salomè Alt e i 15 figli. Al tempo era una tenuta di campagna, ma anche oggi offre l’ampio spazio verde dei giardini.

Medievale è invece il centro storico, con la Getreidegasse impreziosita dalle vecchie dimore e le insegne in ferro battuto. Qui, al numero 9, c’è la casa natale di Mozart, con la facciata gialla. Al di là si apre l’appartamento della famiglia con i ritratti, i documenti della famiglia e gli strumenti del musicista. Non è lontana anche la casa dove visse dal 1773 al 1780, all’8 di Makartplatz.

I progetti moderni

Al passato si contrappongono molti progetti volti all’innovazione. Come l’iniziativa della Salzburg Foundation, partita nel 2002, con l’installazione di sculture open air di artisti contemporanei. Nasce da qui il Walk of Modern Art, passeggiata che invita a scoprire le opere. Come Sphaera del tedesco Stephan Balkenhol, che spicca nella piazza del Capitolo con la palla dorata sormontata da una figuretta umana, Gurken, i cetrioli di Erwin Wurm nel Parco Furtwängler davanti al Palazzo del Festival. O Awilda del catalano Jaume Plensa, testa di ragazza di 5 metri nel cortile aperto su Sigmund-Haffner-Gasse.

Che i salisburghesi amino l’arte è dimostrato anche dalle numerose gallerie. È proprio in Sigmund-Haffner-Gasse una delle più antiche: la Welz, nata nel 1909. Concentrata per lo più su artisti austriaci, nel periodo del festival espone anche grandi nomi come Picasso, Mirò, Chagall. La galleria Ropac, che quest’anno festeggia i 40 anni di fondazione, è specializzata in arte contemporanea, con esposizioni di artisti del calibro di Gilbert & George, Antony Gormley, James Rosenquist. Sul Mönchsberg spicca invece il MdM Museum der Modern dedicato all’arte moderna. Dal 2004 domina i tetti del centro storico, con l’edificio progettato dallo studio Friedrich Hoff Zwink, rivestito di marmo del vicino monte Untersberg. Sono particolari le fughe verticali della facciata: oltre a servire al condizionamento dell’aria, rimandano alla storia musicale di Salisburgo con la posizione definita da un programma elettronico che ha analizzato arie del Don Giovanni di Mozart. Nei quattro piani del museo sono ospitate esposizioni temporanee, sempre di livello. www.museumdermoderne.at

Per sbirciare invece dentro all’arte di oggi, conviene salire all’Hohensalzburg, la grande fortezza che dal 1077 domina la città. Da settant’anni i magazzini del grano nelle mura ospitano le classi e gli atelier dell’Accademia estiva internazionale di belle arti di Salisburgo. Fondata da Oskar Kokoschka nel 1953 come Schule des Sehens, scuola del vedere, accoglie ogni anno 300 studenti di età, formazione, provenienza diverse. L’iscrizione alla ventina di corsi che durano un paio di settimane è libera, ma approvata da una giuria. Aperti a tutti invece gli appuntamenti di un programma che include mostre, film, concerti, dibattiti e gli Open Studios, con i lavori prodotti nelle classi. www.summeracademy.at/en

Si deve invece uscire dalla città per uno degli edifici più avveniristici di Salisburgo, l’Hangar 7, accanto all’aeroporto. È una delle creazioni di Dietrich Mateschitz, patron della Red Bull, scomparso un anno fa. La struttura, firmata dall’architetto salisburghese Volkmar Burgstaller, unisce 14.000 metri cubi di cemento, 1.200 tonnellate di acciaio, 380 di vetro speciale e tre costole autoportanti che abbracciano l’enorme sala. Dove ha trovato posto l’incredibile collezione di aerei, tutti funzionanti, elicotteri e auto di Formula Uno. Le torri all’ingresso ospitano uffici, lounge bar e ristoranti, tra cui il gourmet Ikaro.

La cima dello Schafberg.

I dintorni

Basta salire sulla terrazza del Museum der Modern o sulla torre più alta della fortezza Hohensalzburg per rendersene conto. Salisburgo è piccola: i prati arrivano fin sotto la rupe, i parchi e i viali alberati costellano il tessuto urbano. E all’intorno si stendono campagne e colline verdeggianti che si perdono nell’anfiteatro degli alti monti. Anche le località vicine hanno molto da offrire: laghi cristallini, edifici ricchi di storia, luoghi che hanno ospitato artisti importanti.

Come St. Gilgen, caratteristico villaggio posato sulle rive del Wolfgangsee, che luccica azzurro nel verde. Il paese è legato alla famiglia di Mozart: alla madre, che vi nacque, e alla sorella maggiore Maria Anna, Nannerl, che ci abitò dopo le nozze. L’edificio di nascita della madre oggi è un museo e centro culturale. È sull’acqua anche St. Wolfgang, accucciato sotto le pendici del monte Schafberg, che appare già da lontano: dal 1893 sale ai 1.783 metri della cima la Schafbergbahn, la ferrovia a cremagliera a vapore più ripida dell’Austria. Per festeggiare i 150 anni, dalla primavera scorsa sfoggia una nuova stazione disegnata dallo studio salisburghese Dunkelschwarz, con ristorante, terrazza sull’acqua e museo dei vecchi treni. Ma St. Wolfgang ha una storia che va ancora più indietro: nel Medioevo era tra i luoghi di pellegrinaggio più importanti d’Europa, con Roma, Aquisgrana ed Einsiedeln. D’obbligo entrare nella chiesa intitolata al santo: sotto le volte che uniscono gotico al barocco conserva la splendida pala dell’artista altoatesino Michael Pacher del 1481 e il pregevole altare barocco di Thomas Schwanthaler con le reliquie del santo Wolfgang.