
Margherita sbagliata, Marinara ritrovata, AnaNascosta… Sono solo alcune delle pizze create da Franco Pepe, originario di Caiazzo, in provincia di Caserta, da molti considerato il miglior pizzaiolo del mondo: tra i tanti riconoscimenti che ha ricevuto, la pole position di 50 Top pizza 2018, la più importante guida on-line del settore, i Tre Spicchi della Guida Pizzerie d’Italia 2019 del Gambero Rosso e il 1° premio di Miglior pizza al mondo dal 2016 al 2018 conferito appunto alla sua rivisitazione della Margherita, condita con mozzarella di bufala Dop, passata di pomodoro riccio a crudo e riduzione di basilico.

Queste pizze, insieme ad altre “varianti”, sono state servite agli ospiti di una serata speciale che ha avuto luogo presso La Filiale, il progetto gastrononomico creato proprio due anni fa da Franco Pepe e Martino de Rosa all’interno de L’Albereta, resort di charme della famiglia Moretti, che fa parte della catena Relais & Chateaux e si trova a Erbusco (BS), sulle incantevoli colline a ridosso del Lago d’Iseo.

A celebrare la ricorrenza, Martino de Rosa, fondatore, insieme alla moglie Carmen Moretti, di atCarmen, società attiva nel campo della ristorazione, dell’hôtellerie, del vino e dell’organizzazione di eventi. Alla serata ha partecipato anche il loro figlio Vittorio, classe 1998, studente appassionato di musica, che ha giocato un ruolo importante nella creazione de La Filiale. Come lui stesso spiega, «il progetto di mio padre era quello di trasformare la ristorazione de L’Albereta creando qualcosa di alternativo e contemporaneo: qualcosa che richiamasse il made in Italy, la cucina nazionale. La scelta non poteva che cadere sulla pizza, bandiera italiana per eccellenza. E, a proposito di eccellenza, ho pensato subito che avremmo dovuto coinvolgere il migliore del settore: Franco Pepe aveva un curriculum che parlava da sé, perciò siamo andati a conoscerlo a Caiazzo nel suo locale (Pepe in grani, http://www.pepeingrani.it, ndr). Una volta salito a bordo, bisognava pensare a come comunicare il progetto».

Vittorio, rendendosi conto dell’importanza del lato creativo nel mondo dell’impresa, ha passato in rassegna molte idee, scartando quelle legate a cliché abusati. «All’estero i ristoranti italiani si chiamano spesso così: con l’articolo “La”, seguito dal cognome dei proprietari. A partire da questo concetto ho riflettuto su una parola che comunicasse la posizione particolare del nuovo locale, il primo che aprivamo fuori dal resort, per un pubblico che non era costituito da clienti de L’Albereta. Una scommessa che richiedeva un nome altrettanto audace: “La Filiale” combacia con questa idea, e con la prospettiva futura di aprire sedi all’estero. A distanza di due anni, la scommessa è stata vinta, nel senso che il messaggio è passato: funziona».

Eccome se funziona, a cominciare da AnaNascosta, la specialità all’ananas che gli ospiti hanno degustato per prima durante la serata di festa, accompagnata da Bellavista Franciacorta Extra Brut Riserva DOCG “Vittorio Moretti” 2011. Si tratta di un cono di pizza fritta al cui interno c’è un pezzo di ananas fresco avvolto nel prosciutto crudo, a sua volta racchiuso in una fonduta di Grana Padano, il tutto spolverizzato con polvere di liquirizia: niente a che vedere, ci teniamo a sottolinearlo, con la cosiddetta pizza hawaiana, condita con pezzi di prosciutto e ananas sciroppato. Anche se di primo acchito AnaNascosta potrebbe sembrare una pizza ardita, in realtà è buonissima e rappresenta la sintesi gastronomica della riflessione sul gusto e della grande ricerca che ha contraddistinto la filosofia de La Filiale fin dai suoi esordi.

Molte le altre pizze in menu, dalle classiche Marinara e Margherita Dop, da Profumi del Matese a Grana, pepe e fantasia, da Sfizio ai pomodori alla Schiacciata ripiegata fresca. Senza dimenticare Orto del giorno e Curtefranca, ideate in esclusiva per gli ospiti de La Filiale, e l’indimenticabile calzone con scarola riccia di cui Pepe stesso ci ha raccontato l’origine. «All’inizio del 2000 incontrai il giornalista e gastronomo Luigi Veronelli che voleva scrivere un articolo dedicato al vino del mio territorio ed era in cerca di un piatto adatto ad accompagnarlo. Mi ricordai di questa ricetta di mio padre, a base di scarola riccia, acciughe di Cetara, olive caiazzane e olio extravergine del Casertano, che lui serviva rigorosamente con un bicchiere di vino negli anni in cui la faceva da padrone il binomio pizza e birra o pizza e Coca-Cola. A Veronelli la mia proposta gastronomica piacque tantissimo, scrisse un lungo articolo sull’argomento e per me fu l’inizio di una nuova avventura: mi resi conto che anche la pizza poteva diventare un piatto degno dell’alta cucina. Da allora cominciai a collaborare con i grandi della ristorazione, tra i quali adesso c’è anche Fabio Abbattista (chef del LeoneFelice, ristorante gastronomico de L’Albereta, ndr) che in questa serata di festeggiamenti ho invitato a cucinare insieme a me, qui a La Filiale».

A parte i riconoscimenti e le celebrazioni, una cosa è certa: le pizze di Franco sono ottime, caratterizzate da un impasto leggerissimo. Basta il primo assaggio per capire che Pepe è un fuoriclasse della panificazione. Un vero e proprio artista del settore che ha saputo innovare ed elaborare la tradizione artigiana imparata dal nonno Ciccio e dal padre Stefano, il primo panificatore fin dagli anni ’30 e il secondo pizzaiolo a partire dagli anni ’60, dando vita a una figura professionale rispettosa della tradizione ma rivolta al futuro e, soprattutto, attenta alla salute dei commensali: infatti Franco non solo promuove le eccellenze del suo territorio di origine, il Casertano (come dice lui stesso, «voglio che, grazie alle mie mani e ai mie successi, si accenda un faro sui produttori di eccellenze della mia terra») ma, grazie alla collaborazione con la nutrizionista Michelina Petrazzuoli, propone anche delle pizze sane. Da questo punto di vista è importantissima la scelta delle farine, prodotte da un mulino locale, che vengono di volta in volta opportunamente miscelate per avere un prodotto ottimale nonostante parametri variabili quali il grado di umidità e la temperatura dell’ambiente («già al tatto, si capisce se c’è qualcosa che non va, se la farina non è stata conservata bene, se sono presenti muffe», spiega Pepe). Come agente lievitante, usa un mix di lievito madre e lievito di birra e impasta con la sola forza delle braccia per capire quando si raggiunge il cosiddetto punto di pasta, ovvero la consistenza omogenea e ideale, né troppo molle né troppo dura.

Non a caso, la pizza di Pepe è stata definita “funzionale” perché è calibrata sull’apporto corretto di carboidrati (55-60 %), proteine (15-18 %), lipidi (25-30 %) secondo i dettami nutrizionistici tipici dei Paesi affacciati sul Mare nostrum (è opportuno ricordare che Pepe è stato eletto tra gli ambasciatori nel mondo di questo sano regime alimentare dal Museo vivente della Dieta mediterranea di Pioppi, in provincia di Salerno). Un ottimo e salutare piatto unico, quindi, del quale la Marinara ritrovata è un’ottima testimonial: un panetto ridotto dagli abituali 250 g a 200 g – lo stesso vale anche per le altre pizze, in modo da diminuire l’apporto complessivo di carboidrati – condito con due varietà di pomodori particolarmente ricche di licopeni, acciughe di Cetara (che forniscono all’organismo i salutari Omega 3), capperi, olive, olio extravergine all’aglio e basilico. Nel caso in cui certe pizze in menu non raggiungano l’equilibrio ottimale tra i vari nutrienti, vengono accompagnate da un “extra-piatto” di verdure (per esempio, cicoria e rucola selvatiche, boraggine, “cardilli”, da sempre usati nella farmacopea popolare) in modo da assicurare all’organismo anche il corretto contenuto di fibre.

Adesso Franco Pepe si sta occupando del cosiddetto cornicione della pizza perché si è reso conto che è oggetto di un grande spreco («su 600 porzioni servite, la gente lascia nel piatto una quantità di pasta non condita equivalente a 60 pizze»): per questo motivo sta mettendo a punto un sugo da abbinare al cornicione stesso rendendolo più appetitoso e compensando, dal punto di vista nutrizionale, la percentuale di carboidrati che contiene (circa il 60-70 per cento dell’intera porzione).
Visto che Pepe è così attento alla salute, sorge spontaneo chiedergli come mai serva anche pizze fritte. La risposta è pronta: lui ha lavorato con la nutrizionista anche a questo proposito e per friggere usa oli appositamente selezionati, spesso arrichiti di estratti vegetali, per esempio quello di rosmarino, che abbassano il punto fumo rendendo la frittura più leggera.

Per convincersene, basta provare la pizza fritta dolce, servita a fine pasto, a base di ricotta aromatizzata con buccia di limone, confettura di albicocca del Vesuvio (crisommola, nel dialetto locale), nocciole tritate e tostate e foglie di menta: una vera delizia per il palato ma, soprattutto, digeribilissima.
Informazioni: www.albereta.it; https://www.albereta.it/it/chiosco-la-filiale.htm
