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Le conservancy salveranno il fragile ecosistema delle riserve naturali del Kenya? Un progetto che tutela il presente e guarda al futuro con fiducia, frutto dell’accordo tra un operatore turistico e le comunità locali

Le conservancy salveranno il fragile ecosistema delle riserve naturali del Kenya? Un progetto che tutela il presente e guarda al futuro con fiducia, frutto dell’accordo tra un operatore turistico e le comunità locali

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foto e testi di Laura Ferrari K.

“4 aprile 2015. Oggi in Kenya siamo sotto shock. Ma questa strage deve svegliare la coscienza di tutti: quello che è successo a Garissa non è diverso da ciò che è già successo in Nigeria, Francia, Stati Uniti, Somalia. È la stessa cultura terroristica.”
Le parole sono di Binyavanga Wainaina, scrittore keniano fra i più influenti intellettuali africani, il cui ‘manifesto’ su Come scrivere d’Africa, rimane sempre valido. Comincia così: Nel titolo, usate sempre le parole “Africa”, “nero“, “safari“. Nel sottotitolo, inserite termini come “Zanzibar“, “masai“, “zulu“, “zambesi“, “Congo“, “Nilo“, “grande“, “cielo“, “ombra“, “tamburi“, “sole“ o “antico passato“.
Difficile scrivere d’Africa fuori dai luoghi comuni, difficile raccontare l’esperienza di un viaggio denso di bellezza quando in un’altra regione dello stesso Paese si consumava l’orrore. Eppure esiste un tipo turismo che promuove conoscenza e genera consapevolezza. Le armi migliori contro il fondamentalismo.

LE CONSERVANCY,  UN MODELLO WIN WIN

“Cos’è quello? Un elefante?” domando – “No, è un rinoceronte. Un bufalo nei dintorni deve averlo spinto fin qui. Non si preoccupi”. Ci troviamo a pochi metri dalla tenda dove alloggio e il raggio della torcia utilizzata per illuminare il sentiero che conduce dall’area ristorante alle ‘camere’, si è appena posato sulle terga di un immenso animale. Improvvisamente apprezzo ciò che fino a un attimo prima avevo considerato uno scrupolo eccessivo: agli ospiti del campo non è consentito muoversi da soli dopo il calar del sole e il mio accompagnatore, che sicuramente aveva avvistato l’ingombrante presenza prima di me, mi scortava offrendo il suo fianco all’esterno, come si fa con donne e bambini sui marciapiedi in città, dove la minaccia della carreggiata qui diventa un pugno di cespugli che si perdono nella savana.

Siamo in uno dei Porini camp (porini in swahili significa nelle terre selvagge) di Gamewatchers Safaris, un safari operator di Nairobi, che ha sviluppato e applica in Kenya un particolare modello di conservancy. Grazie a una rigorosa policy ambientale e agli accordi con le comunità Masai, proprietarie della terra, questa formula permette di sviluppare un turismo sostenibile che porta benefici alle popolazioni locali, alla fauna selvatica e insieme offre ai viaggiatori la possibilità di vivere un’esperienza unica a contatto con la natura.

Animali inarrivabili, allevati nei sogni davanti al piccolo schermo che trasmetteva la vita di Joy Adamson e i documentari di sir David Attenborough. La mia Africa si muoveva entro i confini del tubo catodico.
Ma eccoci nel Masai Mara, dove sul ramo di una kigelia poco distante il leopardo sonnecchia accanto a quel che resta della zebra che ha cacciato all’alba. Il branco di equidi ha già dimenticato e si abbevera sul fiume dove a luglio si compirà la grande migrazione dal Serengeti tanzaniano. Non lontano, un gruppo di ippopotami se ne sta serenamente a mollo – guai a fidarsi della loro apparente bonarietà. Avvoltoi ripuliscono la carcassa di un bufalo. Un ghepardo sembra in posa per un servizio fotografico. Elefanti nella savana fanno pensare alle origini. Due leoni riposano all’ombra di un albero, le code intrecciate.
Le immagini scorrono nei fotogrammi di un safari perfetto, dove l’indifferenza della natura rende la sua bellezza ancora più disarmante. Emerge inconfutabilmente che: il connubio tra grazia e potenza dei grandi felini è qualcosa di unico al mondo; l’uomo non è un animale ai vertici della catena alimentare; il timore reverenziale è un moto spontaneo.

Lo spettacolo si ripete in un paesaggio diverso, qualche centinaio di chilometri più a sud, nel parco naturale di Amboseli e nella limitrofa conservancy di Selenkay.
Qui il Kilimangiaro domina la scena, mentre il Land Cruiser condotto dall’abile guida dei masai segue la pista di un giovane leone.
Il gps non c’è e orientarsi nella savana sembra impossibile, ma la risposta di Daniel Seyalane è semplice “Sono nato qui, questa è la mia terra”.  Come lui, nelle tre conservancy avviate da Gamewatchers Safaris (oltre alla già citata si trovano Ol Kinyey e Olare Motorogi, entrambe nel Mara) sono impiegate 140 persone delle comunità Masai, che ricevono salari superiori alla media, generando un indotto che coinvolge oltre mille famiglie.

Offrire una fonte di reddito alternativa alla pastorizia alla comunità Masai che cede in affitto una parte della propria terra, significa garantire un habitat integro per gli animali salvatici, che al di fuori del perimetro dei parchi nazionali rischiano di essere accolti con lance e bocconi avvelenati perché considerati una minaccia per il bestiame. Mentre nel resto del mondo l’eterno conflitto tra l’attività umana e la natura ha già avuto il suo esito, in Kenya i giochi sono ancora aperti.

La sfida ebbe inizio quando a fine anni ‘90 fu creata la prima conservancy di Selenkay, 6.000 ettari confinanti con la riserva nazionale di Amboseli. L’area fu scelta dalla comunità Masai che rinunciò a pascolare il proprio bestiame nelle terre destinate al progetto in cambio di un congruo compenso (30 dollari per acro all’anno). La vegetazione tornò a crescere spontanea e gli animali ripopolarono il territorio: gli elefanti tornarono dopo un’assenza di 20 anni e altre specie trovarono un rifugio accogliente e tranquillo (diversamente dai parchi, l’accesso nelle conservancy è circoscritto agli ospiti del campo).

“La cosa più difficile è stata convincere gli anziani del villaggio. Ma ottenuta la loro fiducia, l’intesa è stata facile” dice Tony Musembi, direttore del Porini camp di Selenkay. Un aspetto importante del partenariato tra Gamewatchers e la comunità indigena prevede la condivisione degli obiettivi di tutela ambientale e del modello di ecoturismo attraverso la formazione di chi è coinvolto nelle attività del campo. Ma non è tutto, oltre al reddito generato dall’affitto della terra e dagli stipendi, il partner locale beneficia di altri supporti, quale ad esempio il progetto sostenuto nella conservancy di Selenkay (Givewatts) per garantire un impianto elettrico a energia solare alla scuola elementare della zona o la distribuzione di derrate alimentari in occasione di stagioni particolarmente siccitose, così come la trivellazione di pozzi per attingere acqua potabile.

I campi Porini sono rigorosamente eco-friendly. Non esistono strutture permanenti. Le tende non superano il rapporto di 1 ogni 2.800 kmq di conservancy e il numero limite di ospiti in un soggiorno corrisponde a 20 persone. L’energia è fornita da pannelli fotovoltaici, le acque chiare vengono recuperate e per la doccia scrosciano al massimo 20 litri d’acqua.  Le tende, ciascuna con un bagno privato, sono comunque ampie e ben attrezzate, esempio di un ottimo compromesso tra comfort e sostenibilità.

Un modello con un protocollo ben definito che si basa su un partenariato con la comunità locale, locatrice della terra, può essere la risposta ai mali che minacciano il fragile ecosistema delle riserve naturali del Kenya? Non lo sappiamo, ma sicuramente è una strada che fa sperare.

Non è una vacanza economica. Per avere un’idea dei prezzi, il pacchetto “all inclusive” di 4 notti da trascorrere presso Selenkay (Porini Amboseli Camp) e Ol Kinyei & Naboisho (Masai Mara), con safari nelle conservancy e nei due parchi nazionali, comprensivo degli spostamenti interni (Nairobi, Amboseli, Masai Mara e ritorno nella capitale), ha un costo che nel periodo estivo si aggira intorno ai 3000 dollari per persona. Se invece si decide di soggiornare nei più spartani (ma emozionanti) adventure camp di Porini, il prezzo per 6 notti nelle due località, sempre comprensivo degli spostamenti interni, si riduce di un terzo.
I camp di Porini sono esclusivi e costano quanto un lodge nei parchi naturali più ambiti. Ma qui è davvero possibile essere testimoni in prima persona della differenza che il denaro speso in un soggiorno turistico può fare.

UN GIORNO A NAIROBI

Partendo da Bruxelles occorre mettere in conto una decina d’ore di volo. Un tempo lungo ma speso bene, se si considera che Brussels Airlines vanta oltre ottant’anni di esperienza nelle rotte in Africa, dove continua a rafforzare la propria presenza. Quest’estate infatti il vettore belga opererà 5 voli a settimana verso Nairobi, con comode coincidenze dagli aeroporti di Milano Linate, Venezia e Roma Fiumicino.  Recuperare la stanchezza del viaggio facendo tappa nella capitale del Kenya non è scontato. Per questo optare per un hotel in una zona tranquilla della città come il Riverside Drive di Nairobi può essere una scelta premiante. Qui, il dusitD2 hotel, ultimo nato della collection di Dusit International (brand tailandese très chic) accoglie i suoi ospiti nella lobby dal design studiato e in camere dove il comfort è una garanzia.
Se vi rimane qualche ora da trascorrere in città merita una visita il Museo di Karen Blixen. E’ la residenza keniana della scrittrice, perfettamente mantenuta e ricca di particolari, arredi, nonché gli abiti di scena degli interpreti de “La mia Africa”. Bellissimo il giardino, con palme, cipressi, frangipane e sullo sfondo, le colline di Ngong, verso le quali si estendeva l’immensa piantagione di caffè dei Blixen.
Chi ancora ha tempo per un’escursione alla periferia di Nairobi non può perdere l’orfanatrofio degli elefanti. L’associazione che lo gestisce, e che porta il nome del suo fondatore, David Sheldrick, si impegna ad allevare gli elefanti le cui madri sono nella maggior parte dei casi cadute vittima dei bracconieri. Ogni giorno il centro apre ai visitatori per mostrare la poppata mattutina degli elefantini, mentre gli addetti raccontano la storia dei cuccioli e spiegano il processo di svezzamento, che si conclude quando i piccoli raggiungono gli 8 anni di età e possono tornare in libertà nello Tsavo National Park.

INFO
MagicalKenya c/o Interface Tourism Italy
Magicalkenya@interfacetourism.com
www.magicalkenya.com

GAMEWATCHERS PORINI CAMPS
Federica Volla
Federica@gamewatchers.com
www.porini.com