Oggi, in tempo di Coronavirus, fare giornalismo di viaggio è difficile, delicato, per alcuni è persino impossibile. In Italia, molti giornali e pubblicazioni hanno cancellato le pagine dedicate, sostituendole con altri argomenti. Se non ve ne siete accorti, fateci caso. Eppure mai come adesso c’è voglia di capire, di approfondire. Dove posso andare questa estate? Quali le destinazioni più sicure? Quali quelle aperte e quali consigli una volta che prenoto, che decido di partire?
Chiedersi se e come torneremo a viaggiare nei prossimi mesi è anche un altro modo di rispondere alla domanda, come sarà il nostro mondo dopo. Come ci muoveremo. E’ parte del processo di visione, di ripresa, ci aiuta a guardare avanti ed è un contributo importante alla ripartenza economica. In Italia il turismo costituisce il 13% del Pil nazionale. Chiedersi se torneremo a viaggiare, a muoverci e in che modo lo faremo, si spera già con l’estate, è quindi una parte essenziale della cosiddetta Fase 2. Certamente molti aspetti del viaggio, come lo conosciamo, andranno persi e altri cambieranno. In attesa di capire quali saranno le nuove regole, ho provato a fare delle ipotesi sulla base della mia esperienza di giornalista di viaggio (15 anni nel settore) e a riassumere questi cambiamenti in 5 punti.
Viaggiare non sarà (più) un bene di consumo qualunque
Il turismo organizzato di massa, prima, quello individuale di massa, poi, hanno creato la falsa idea che viaggiare sia un diritto inalienabile di chiunque, sempre e in qualsiasi luogo. Seguitemi con attenzione. Nessuno nega la libertà di movimento come principio (anche se temporaneamente non l’abbiamo). Ma viaggiare non può essere più come comprare le scarpe online: te le provi e se non vanno bene, il reso è a portata di click. Per la verità non è mai stato un bene di consumo qualunque ma ancora meno lo sarà dopo il Coronavirus. L’emergenza ci farà tornare a comprendere questo prezioso principio, che restituisce valore al solo gesto di muoversi, partire, aprire la porta di casa e uscire per andare dove vogliamo.
Il viaggio sarà un atto di responsabilità
La leggerezza tornerà dopo. Ora è bene riflettere sull’effetto che i nostri spostamenti avranno nel mondo. Per l’ambiente, per le economie, per la salute, per le persone che incontriamo. Che questo impatto sia sempre presente nella nostra mente quando decideremo di viaggiare d’ora in poi. Forse saremo spinti a viaggiare di meno. Certamente lo faremo consapevoli delle opportunità ma anche di alcuni rischi. L’espressione “viaggiatore responsabile” assume dunque un nuovo significato. Ma anche, come cliente, una nuova centralità. Se da un lato i servizi turistici a vario livello si dovranno adattare per noi, noi potremmo essere parte attiva a un cambiamento di abitudini consolidate, verso, appunto, un maggior senso di responsabilità.
Volare costerà di più, fatevene una ragione
L’Emergenza Coronavirus ha messo in crisi in modo importante il sistema del trasporto aereo. In particolare quello di lungo raggio. Uno scenario già davanti agli occhi è quello che vede la presenza di meno voli. Poi si valuterà una riduzione dei posti a bordo, più distanziati e igienizzati. Di conseguenza volare costerà di più, soprattutto verso mete lontane. Costi importanti che incideranno sui pacchetti e sui nostri piani di viaggio e comporteranno per almeno un biennio una prevalenza non solo dei viaggi nazionali ma di quelli di prossimità, di corto e medio raggio. Se vincerà il treno dipenderà anche lì da come verrà riorganizzato anche quel settore. Se mi chiedete quale mezzo tornerà, vi dico la macchina. Come nei viaggi degli anni Sessanta. Almeno per questa estate 2020. Le compagnie aree di linea e le low cost torneranno più rapidamente nel mercato quanto più sapranno rispondere alle esigenze dei clienti e garantire servizi aggiuntivi di pulizia e standard chiari e condivisi con la propria clientela. E tutto questo non potrà costare poco, ma deve costare il giusto. Quindi occhio alle offerte a ribasso e al fattore prezzo.
Distanze fisiche, prenotazioni e separè (di plexiglass?)
Ci saranno. Ormai è chiaro a tutti. Tavoli distanziati per legge nei locali, meno coperti, meno camerieri tra i tavoli. Non so se si realizzeranno le barriere di plexiglass in spiaggia, di cui si è parlato in questi giorni. Ma separè e aree private saranno parte della progettazione dei nuovi spazi pubblici, legati al turismo. Le prenotazioni avranno maggiore libertà d’orario, forse scardineremo i nostri orari tradizionali del pasto e faremo più turni dal mattino a tarda sera. E a garanzia la carta di credito, preferita al contante, nei ristoranti e nei locali.
Prenotazioni flessibili e servizio on demand
Flessibilità nelle prenotazioni. In albergo come nei pacchetti di viaggio a vincere saranno le policy di annullamento e riprenotazione. E’ chiaro che saranno avvantaggiate quelle strutture che hanno una clientela consolidata e di repeater che non rinuncia alla vacanza e conosce bene il luogo dove sceglie di prenotare. Appena saranno chiari gli standard di sanificazione delle camere, anche questo rientrerà nelle informazioni da dare al cliente al momento della prenotazione. Distanza fisica delle camere, meno ospiti, suite indipendenti e ville separate nei resort dove organizzare il servizio in camera del ristorante (dalla colazione alla cena), potrebbero diventare il nuovo standard. Le tariffe aumenteranno a favore di servizi su misura e in esclusiva. Almeno nel segmento alto dell’hotellerie. Più difficile immaginare nel segmento più basso come saranno le regole. Ma i piccoli hotel a gestione familiare, potrebbero contare sulla fiducia dei clienti repeater e intorno a loro, e alla loro collaborazione, riorganizzare gli spazi e i servizi. Le aree comuni potrebbero essere chiuse o organizzate a turni. Lobby deserte? Certamente divise in aree separate e con accessi limitati.