La vittoria di Osteria Francescana. Perù e Messico in ascesa e poi Asia e Africa. Come è andata la notte più lunga per la gastronomia mondiale, il World’s 50 Best Restaurants
di Alessandra Gesuelli
Da anni ormai il World’s 50 Best Restaurants è la classifica di riferimento se vuoi capire dove va la gastronomia mondiale. Non c’entrano le grandi guide, non c’entrano le singole tradizioni nazionali in cucina. Qui si parla di continenti, macro tendenze, del carisma degli chef protagonisti e del peso che “lobby” e brand globali hanno nel panorama internazionale. Si parla di dove gira il mondo che non sia eurocentrico a tavola. Una grande iniziativa di marketing e promozione per aziende e nazioni (main sponsor S.Pellegrino e Acqua Panna), ma anche palcoscenico tra i più efficaci, una vera notte degli Oscar che fotografa andamenti e tendenze, anticipata ogni anno da gossip e previsioni. Quest’anno tra i media internazionali ospiti a New York dell’evento, c’ero anche io ed ecco una analisi di chi sale e chi scende. Appuntamento al 2017 in Australia, a Melbourne.
L’Osteria Francescana sul tetto del mondo
Era il suo anno. E non dovevi essere un osservatore particolarmente attento per accorgertene. Negli ultimi tre anni l’alternanza al vertice della lista aveva visto l’ascesa della modenese Osteria Francescana di Massimo Bottura, tre stelle Michelin, tra i top della gastronomia italiana da tempo. La consacrazione doveva arrivare, meritatamente conquistata. “La gastronomia è duro lavoro, si parla di noi come rock star ma la verità è che è soprattutto duro lavoro” ha detto dal palco, emozionato. Ha poi abbracciato la moglie Lara Gilmore, collaboratrice e complice di questo successo mondiale, “senza di lei avrei chiuso anni fa, non ero capito all’inizio”. Adesso con questo riconoscimento arriva la consacrazione globale quando già lo chef è impegnato da tempo su importanti progetti internazionali intorno a temi fondamentali, come l’uso delle risorse, contro gli sprechi alimentari. Dopo l’esperienza dell’Expo e del suo Refettorio che, in collaborazione con la Caritas di Milano, ha visto il coinvolgimento di tanti chef sulla preparazione dei piatti per la mensa dei poveri con le “rimanenze alimentari” dell’Esposizione, ora Refettorio sbarca a Rio nella favela di Lapa. Qui nel mese delle Olimpiadi inizierà un progetto di solidarietà alimentare: “Stiamo costruendo la struttura e invitando tanti chef a venire, le Olimpiadi aiuteranno a dare visibilità globale all’iniziativa che proseguirà oltre” ha chiarito Lara Gilmore. La vittoria italiana, molti lo hanno scritto, potrebbe segnare un cambio nei trend globali del mondo food, dopo tanta sperimentazione molecolare con la Spagna, El Celler de Can Roca resta comunque secondo, e la ondata nordica guidata dal Noma, che riaprirà il prossimo anno, e per ora è quinto (semi assente la Francia, ma qui giocano altri equilibri). Quello che è certo è che guiderà l’ascesa degli altri italiani in lista, come Enrico Crippa al timone di Piazza Duomo ad Alba, salito alla posizione 17.(vedi qui la lista completa)
Salgono Perù e Messico
A settembre 2016 torna a Città del Messico per il secondo anno il Latin America’s 50 Best Restaurants. Non è un caso. Nella classifica mondiale la capitale messicana va di pari passo con Lima con tre top chef nei primi 50. A fare da apripista Virgilio Martinez, spesso ospite anche in Italia di diverse manifestazioni ed eventi. Con il suo Central, quarto in classifica nel 2016 e nell’anno precedente, è anche stato appena nominato miglior ristorante in Sud America. Virgilio è pura arte a tavola e nei suoi piatti si ritrova tutta la biodiversità del paese. E’ anche promotore della iniziativa Mater, per aiutare i produttori locali e conservare la biodiversità di prodotti e ingredienti, dalle Ande all’Oceano. Nei primi 20 da Lima arriva anche la cucina nikkei di Maido dello chef Mitsuharu Tsumura: mix unico di cultura peruviana e giapponese nel piatto. E’ salito al 13° posto dal 44. Al numero 30 c’è Astrid Y Gaston, sempre a Lima, guidato da Gaston Acurio, vero leader di questa new wave peruviana. A lui infatti si devono tante delle innovazioni che hanno ispirato questa nuova generazione di chef . Il Messico avanza e nella classifica mondiale piazza entro i primi 20 posti Quintonil (n. 12) guidato dallo chef Jorge Vallejo protégé di Enrique Olvera del Pujol, anche lui in classifica al n. 25: è lo chef che ha portato i sapori messicani dalla strada all’alta cucina. Infine, al n. 43, c’è Biko sempre a città del Messico, un trio di chef che si ispira alla cucina molecolare spagnola e a Ferran Adrià.
Asia e Africa, pochi ma buoni
Nella classifica mondiale dei primi 50 sono pochi gli asiatici e solo uno africano e un australiano. Decisamente scende Gaggan dello chef indiano Gaggan Anand che dalla posizione n. 10 arriva alla 23, nonostante abbia vinto solo 4 mesi fa per la seconda volta il titolo di Asia’s 50 Best Restaurants a Bangkok. Resta all’ottavo posto invece Narisawa, dello chef giapponese Yoshihiro Narisawa (secondo in Asia nel 2016). Amber è al numero 20, firmato da Richard Ekkebus: cucina francese nel cuore di Honk Kong, all’interno del Mandarin Oriental. Bisogna arrivare al 31 per trovare un altro ristorante asiatico: Nihonryori RyuGin, dall’estro del giapponese Seiji Yamamoto. Al 32 Andrè, tra i più noti di Singapore, guidato dallo chef Andre Chiang. Si passa poi al 37 con il classico Nahm di Bangkok, frutto del lavoro trentennale di David Thompson. E infine al 42° posto scende Paul Pairet, con il suo super creativo Ultraviolet a Shanghai. Dall’Africa emerge nei primi 50 solo The Test Kitchen a Cape Town, al n. 22, guidato da Luke Dale-Roberts, una vera rock star della cucina sudafricana. Gli australiani sono presenti solo con Attica al n. 33, in cucina Ben Shewry, dalla splendida Melbourne.