Dal 9 maggio, aperta al pubblico la Fondazione Prada, nata dal recupero di un’ex area industriale di Milano sud. Progetto di Rem Koolhaas, bar di Wes Anderson
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di Sara Magro
È aperta la nuova sede della Fondazione Prada a Milano, nell’ex zona industriale intorno a via Ripamonti. Un’istituzione di tale importanza in una zona che è ancora in piena e ignota evoluzione dà senz’altro un importante impulso al suo futuro. Attraverso una gimcana di sensi unici e lavori in corso si arriva in Largo Isarco, davanti al complesso grigio – era una distilleria dei primi Novecento – da cui svetta un corpo tutto d’oro. La scritta al neon anni Sessanta e il pannello tipo arrivi/partenze con i titoli delle mostre affermano che si è arrivati a destinazione: ecco l’attesissima Fondazione Prada. C’ero passata diverse volte davanti, anche poche settimane prima dell’inaugurazione, e c’era da chiedersi: come faranno a finire tutto entro il 9 maggio? Invece eccola lì, dopo una serie di red carpet cominciati il 2 maggio, aprire le porte al pubblico. L’understatement solo apparente è sintomo del bisogno di spegnere i riflettori mondani della moda per dedicarsi alle suggestioni intellettuali dell’arte. Basta un breve confronto con i centri di produzione ed esposizione dell’arte a Berlino per capire che la Fondazione Prada è un luogo elitario per appassionati del genere più che per appassionare gli estranei, d’altra difficilmente coinvolgibili. Ma queste sono altre storie e nulla tolgono al pregio di questo nuovo isolato dell’arte contemporanea di 19 mila mq, dove sono esposte la collezione privata, un’affascinante mostra (Serial Classic, fino al 24 agosto) sulle copie e sui multipli della scultura classica, un film in loop su Roman Polanski, un acquario con pesci tropicali e studio ginecologico di Damien Hirst. C’è molto altro da vedere, come il bellissimo guardaroba fantasma di Louise Bourgeois sul quale ci si affaccia con timore voyeurista. C’è da passare diverse ore tra l’ala nord e l’ala sud con la straordinaria mostra curata da Germano Celant, consulente artistico di famiglia. Per le pause c’è il Bar Luce. Lo ha fatto Wes Anderson sulla falsariga del suo scenografico film Grand Budapest Hotel, con tutti gli oggetti, le tolle di sottaceti come i barattoli di caramelle, incorniciati in scaffali simmetrici o disposti, almeno sembra, secondo una simmetria teorica. Persino il cameriere, con la pelle olivastra e i baffi, richiama un po’ il Boy del film. E comunque, la pasticceria è firmata Marchesi (sempre di Prada), storica a Milano.
Il progetto dello studio OMA, guidato da Rem Koolhaas, combina sette edifici preesistenti a tre nuove costruzioni (Podium, Cinema e Torre, ancora da completare), da un lato conservando ciò che c’era, dall’altro ideando nuove architetture.
Negli spazi di Milano sono presentati tre diversi progetti espositivi che utilizzano la Collezione Prada come strumento d’indagine e ricerca: “An Introduction” (9 maggio 2015 – 10 gennaio 2016), mostra nata da un dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant, “In Part” (9 maggio-31 ottobre 2015), a cura di Nicholas Cullinan, “Trittico” una strategia espositiva dinamica concepita dal Thought Council (Shumon Basar, Nicholas Cullinan, Cédric Libert).
Il Cinema ospita un documentario concepito da Roman Polanski per la Fondazione Prada e diretto da Laurent Bouzereau, che ripercorre le fonti d’ispirazione della sua opera cinematografica. Uno spazio sotterraneo del Cinema accoglie l’installazione permanente di Thomas Demand Processo grottesco (2006-2007), presentata per la prima volta nel 2007 a Venezia. Gli spazi raccolti della Haunted House, un edificio di quattro piani al centro del complesso, accolgono un’installazione permanente concepita da Robert Gober e due lavori di Louise Bourgeois.
Da maggio 2015, in concomitanza con l’apertura della nuova sede di Milano, prendono il via anche le attività educative dell’Accademia dei bambini, un progetto a cura di Giannetta Ottilia Latis. L’ideazione dello spazio è stata sviluppata in collaborazione con 18 studenti dell’École nationale supérieure d’architecture de Versailles, sotto la direzione di Cédric Libert ed Elias Guenoun.