Lo scorso 13 marzo, a 5000 metri nel deserto dell’Atacama, è stato inaugurato il telescopio più potente del mondo per esplorare l’universo e, perché no, cercare tracce di vita extraterrestre
Una visita sull’altopiano di Chajnantor è un’esperienza mozzafiato e non solo perché si trova a 5100 metri di altitudine, sulle Ande cilene. Lassù, una delle zone più secche del pianeta, i cieli sono di un azzurro intensissimo e l’atmosfera sottile garantisce condizioni di vista eccezionali. Ed è questa la ragione per cui in questo paesaggio senza barriere, lo scorso 13 marzo, sono state installate 66 antenne da 100 tonnellate e 12 metri di altezza, capaci di scattare immagini a una risoluzione 10 volte superiore all’attuale e di perlustrare gli angoli più remoti dell’universo. Insieme costituiscono l’Atacama Large Millimetre Array (Alma), il telescopio più potente del mondo che, sebbene per ora funzioni solo al 10% delle sue potenzialità, sta già fornendo nuove interpretazioni sull’origine di galassie, stelle e pianeti e tenterà di rispondere all’eterna domanda: “Siamo soli in questo universo?”
Date le particolari condizioni di altitudine, gli scienziati lavorano attaccati a bombole di ossigeno e possono restare alla base per un massimo di otto ore al giorno e un massimo di otto settimane consecutive. Poi devono staccare per sei settimane prima di tornare.
Il progetto Alma nasce da una collaborazione internazionale in cui gioca un ruolo determinante l’European Southern Observatory (ESO), consorzio scientifico di 15 Paesi impegnato nella ricerca cosmogonica. Come dice Valentin Ivanov, scienziato bulgaro dell’ESO: “l’astronomia ha fatto progressi straordinari negli ultimi dieci anni e Alma ha inaugurato una nuova epoca grazie alla sua capacità di captare e analizzare la composizione chimica delle molecole nello spazio. La nostra scommessa più importante è rilevare le lune di Giove e Saturno. Per quanto riguarda la vita su altri pianeti, invece sono scettico. Ma stiamo a vedere”.