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Alla corte dei Malatesta

Weekend in Romagna ma lontano dal mare, un Medioevo da scoprire tra rocche e piccoli musei

Innovazione e tradizione nei percorsi dei Malatesta. Un weekend alternativo in Romagna, non solo spiaggia e ombrelloni, ma nell’entroterra alla scoperta di borghi antichi, botteghe storiche, castelli, conventi, saline e la degustazione di vini e prelibatezze del territorio. I Malatesta, originari di Verucchio, nobile famiglia tra le più importanti ed influenti del Medioevo hanno dominato sulla Signoria di Rimini e su vari territori della Romagna dal 1295 al 1500 e successivi brevi periodi. Malatesta da Verrucchio, detto il Centenario, visse dal 1213 al 1313, divenuto signore di Rimini con un’abile politica cittadina, ha avuto tre mogli. Un simbolo del suo potere è la rocca Malatestiana nel cesenate (www.castellosantarcangelo.it) che si eleva all’estremità meridionale del centro storico di Santarcangelo, arricchendo il variegato patrimonio di castelli e dimore storiche di interesse culturale del centro Italia. Le prime notizie risalgono alla fine del IX secolo. Una fortificazione di intense e tormentate congiure, come l’infinita lotta tra Guelfi e Ghibellini e poi le contese tra le signorie dei Malatesta e dei Montefeltro. La sua primigenia fisionomia era quella di un enorme torrione innalzato da Carlo Malatesta per mettersi al riparo dagli attacchi dei suoi nemici, poi Sigismondo Pandolfo a capitozzare la torre ritenuta tra le più alte d’Italia. In seguito la Rocca Malatestiana venne messa a ferro e fuoco da Cesare Borgia, nel 1498. Nel 1800 il castello venne quindi acquistato dal Conte Baldini e dalla famiglia Massani che trasformarono la Rocca in una fattoria.

Romagna Castello di Santarcangelo

La Rocca Malatestiana venne poi acquistata dalla Contessa Eugenia Rasponi Murat, lasciato, poi, al conte Spalletti. Il Castello, dotato anche di un florido giardino con una grande varietà di piante divise da siepi che formano i vari camminamenti, è aperto al pubblico ed è possibile anche pernottare per vivere una notte fiabesca. Una lunga storia di secoli anche per il mangano, unico al mondo e tuttora funzionante, del 1633 presente nell’antica stamperia artigiana Marchi a Sant’ Angelo di Romagna (www.stamperiamarchi.it) La pressa primitiva compatta e stira gli antichi tessuti di canapa e cotone, poi decorati con stampi in legno intagliati a mano e colorati con ruggine, secondo una seicentesca ricetta tenuta segreta dagli antichi maestri, per poi passare al “fissaggio del colore” per rendere il colore indelebile e resistente nel tempo.

romagna _antica stamperia MARCHI

Tra i suoi clienti Tonino Guerra, poeta, scrittore e sceneggiatore, che ha lasciato una traccia nella storia del cinema e della letteratura. Nel suo museo a Santarcangelo di Romagna, vi sono sculture e disegni dove compaiono sempre la natura e l’uomo. Tra gli animali il pesce, l’anatra e, soprattutto, la farfalla simbolo di quella libertà che assapora quanto è uscito dal campo di prigionia, essendo stato deportato in Germania e internato nel campo di concentramento di Troisdorf. Simbolo presente anche con la fontana delle farfalle, creato dall’artista nel 2003, a Sogliano sul Rubicone, sulle colline circondate dai fiumi Uso, Rubicone e Savio. Il paese, molto amato da Giovanni Pascoli, tanto che in occasione del 150° anniversario della sua nascita, è stato realizzato il percorso pascoliano vanta la mostra permanente del disco d’epoca (www.museodeldiscodepoca.com) dedicato all’evoluzione della registrazione musicale, unica in Italia a partire dal 1877 con i primi cilindri in cera sino ai moderni laser disk.

Oltre ai libretti d’opera dai seicento al novecento, grammofoni, fonografi, vi sono le chitarre autografe da Bruce Springsteen, Jimmy Page. Dalla cultura alla gastronomia con il formaggio di Fossa che ha ottenuto il marchio dop, realizzato con un lungo e laborioso processo secondo il disciplinare di produzione. Con il latte ovino, vaccino proveniente dai territori collinari e montani delle Marche e della Romagna. Le forme, come da tradizione dell’epoca medioevale, vengono deposte in antiche fosse a forma di fiasco scavate nella roccia arenaria per una profondità di circa tre metri. A pochi chilometri, a Bellaria Igea Marina, vi è il museo “ La Casa rossa” di Alfredo Panzini, autore de il “Dizionario moderno, supplemento ai dizionari italiani“ che sceglie come rifugio per le sue vacanze Bellaria, nella casa Rossa detta così per il colore dell’intonaco, acquistata nel 1909. L’abitazione a due piani, più uno interrato, sul viale parallelo alla linea ferroviaria Rimini-Ravenna, che porta oggi il nome dello scrittore.

Romagna la casa rossa

La sua architettura semplice si riallaccia alle case cantoniere, come la definì appunto lo scrittore Antonio Baldini. Vi è anche una dependance, che Panzini riservava agli ospiti, e un ampio parco-giardino con vegetazione mediterranea. Tra i tanti suoi libri, La lanterna di Diogene, Il Padrone sono me, il viaggio di un povero letterario che riportano vivaci descrizione della vita a Bellaria e dintorni ai primi del secolo.

La cucina in questi territori assume un importanza “strategica” mantenendo la tradizione, come l’ azdora, la regina della casa, in romagnolo reggitrice alla quale sono affidati precisi compiti nel governo della casa, raffigurata con un fazzoletto in testa per raccogliere i capelli, le mani sporche di farina e con l’immancabile grembiule da cucina. Per i romagnoli l’azdora è un’amata istituzione. Ancora oggi la sua figura è presente in forma attuale come appassionata delle tradizioni gastronomiche e custodi delle ricette. Tra le tipicità l’immancabile piadine calda che accompagna le pietanze, salumi e formaggi. Il piatto forte è la pasta fatta in casa, anche se nella lingua romagnola non esiste il termine “pasta”: in brodo o asciutti vengono chiamati in genere mnestra (“minestra”) e si specifica mnestra sòta (asciutta) e mnestra int e’ brod (in brodo) ed ecco le tagliatelle, cappelletti, maltagliati, tortelli, strozzapreti, zuppa Imperiale. Tra i locali tipici la Tenuta Amalia, a Verrucchio, Rò e Bunì nome che simboleggia i due buoi che venivano usati per l’aratura dei campi, ricavato in un antico mulino del ‘500, le cui macine sono presenti all’interno del ristorante, e citato in un editto di Papa Leone X o il Sangiovanni Osteria di confine a San Giovanni in Galilea dove primeggia la seguente dicitura: Qui dove il tempo sembra essersi fermato abbiamo deciso di dare vita alla nostra osteria”.