
«Il Sud della costa campana è un misto di remota dolcezza virgiliana e di dolcezza tropicale». Nella parole dello scrittore Guido Piovene è riassunta efficacemente l’essenza del Cilento, una vasta area in provincia di Salerno che si allunga dall’antica Paestum fino alla città di Sapri, affacciata sul golfo di Policastro. Quasi tutto questo territorio, incastonato tra gli Appennini e la costa tirrenica, fa parte del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, un’area protetta che dal 1998 è Patrimonio dell’Umanità Unesco, insieme ai siti archeologici di Paestum e Velia e alla Certosa di Padula.
Oltre che per le bellezze paesaggistiche, le testimonianze archeologiche e la ricca cultura antropologica, questa terra è una meta sempre più gettonata anche per l’ottima gastronomia, basata su piatti della tradizione che uniscono piacevolezza e salubrità. Non a caso la località di Pioppi, frazione marina del Comune di Pollica, ospita l’Ecomuseo della dieta mediterranea, dedicato al biologo e fisiologo americano Ancel Keys che, per primo, scoprì i benefici di questo tipo di alimentazione studiando per anni lo stile di vita cilentano basato su cibi “poveri”, ma salutari: frutta, verdura, olio extravergine d’oliva e pesce azzurro, a cominciare dalle cosiddette alici di menaica, pescate tra aprile e luglio nelle nottate di mare calmo. Queste alici, che si contraddistinguono per la qualità altissima, prendono il nome dalla rete con la quale vengono pescate, risalente addirittura alla tradizione greca. Rete costituita da maglie fatte per trattenere solo le più grandi e lasciar andare quelle più piccole, nel rispetto dell’ecosistema marino. Per liberare quelle rimaste imprigionate che, agitandosi nelle maglie perdono immediatamente parecchio sangue consentendo così la veloce eliminazione di eventuali batteri, i pescatori tagliano loro la testa una a una, poi tolgono velocemente le interiora e le sistemano in cassette di legno, trasportate il più velocemente possibile a terra senza raffreddarle con ghiaccio né altri refrigeranti che potrebbero alterare la qualità del pesce. Giunte nel luogo di lavorazione, le alici vengono lavate nella salamoia, poi sistemate nei tradizionali vasetti di terracotta, alternate con strati di sale marino artigianale di Trapani.
Il momento successivo è la stagionatura che dura almeno tre mesi e si svolge nei cosiddetti magazzeni, locali freschi e umidi. Tutte le fasi avvengono secondo un preciso rituale che si perde nei secoli e permette di ottenere un prodotto pregiato, giustamente diventato il primo Presidio Slow Food campano. Tra i laboratori che producono le alici di menaica con indubbia maestria artigianale, c’è quello di Donatella Marino (https://www.alicidimenaica.it), coadiuvata dal marito Vittorio, pescatore. Una grande conoscitrice e conservatrice dei saperi locali che conosce squisite ricette della tradizione, a base di pesce azzurro fresco o conservato o altri componenti. Un piatto tipico, per esempio, è il cauraro, zuppa che anticamente i pescatori preparavano proprio durante la pesca delle alici o delle sarde. Per realizzarla, utilizzavano i pesci che si erano danneggiati tra le reti, aggiungendovi acqua di mare, patate e, ingrediente indispensabile, il profumatissimo finocchietto selvatico che trovavano tra le rocce a riva.
Uno dei maggiori sponsor del magnifico territorio cilentano è il marchio DaZero, nato nel 2014 a Vallo della Lucania (SA) per volere di tre soci accomunati dal desiderio di far conoscere fuori dal confine campano la biodiversità e le eccellenze gastronomiche della loro terra, a cominciare dall’amatissima pizza. Tra le proposte che arrivano dal forno ce n’è una che ben simboleggia il legame con la Campania: la pizza “Via Silente” – con fiori di zucca, mozzarella, caciocavallo semistagionato, tonno di Palinuro, polvere di peperone dolce Sciuscillone di Teggiano, olio evo – dedicata a un percorso cicloturistico molto suggestivo, chiamato appunto Via Silente, che attraversa tutto il Parco nazionale del Cilento (http://www.cominciadazero.com; https://laviasilente.it).