Ci si trova spiazzati di fronte a tanta bellezza. Il Teatro Olimpico di Vicenza è qualcosa che non ti aspetti da fuori: non immagineresti mai che dietro a quel cancello e quelle porte ci sia un capolavoro di 400 posti che lascia stupefatti. Si rimane estasiati come bambini al suo cospetto e, boccascena o gradinate, da qualsiasi punto lo si fotografi, è un incanto incontenibile.
Anzi, a onor del vero, le immagini non rendono giustizia a tanta magnificenza perché così come idealmente ed emozionalmente servirebbe un girotondo di braccia aperte per provare ad accoglierlo tutto, uno sguardo a 360 gradi per osservarlo nella sua interezza, allo stesso modo, per imprimerlo in fotogramma, c’è bisogno del grandangolo.
Straordinario, meraviglioso, stupendo, incredibile. Non sono mai superflui e ridondanti gli aggettivi e i superlativi per questo teatro di Vicenza: del resto è frutto del genio di Andrea Palladio, è il più antico teatro in muratura coperto che esista al mondo e dal 1994 rientra nel novero dei Patrimoni Unesco.
Insomma: non ce n’è uno uguale nel globo e va visto (più che un suggerimento è un ordine!) almeno una volta nella vita. Per fare il pieno di bellezza.
La scenografia di sfondo, in legno e stucco, maestosa e prospettica che riproduce le sette vie di Tebe, è un’ idea dell’architetto collega e coevo del Palladio, Vincenzo Scamozzi, ed è la stessa della prima rappresentazione dell’Edipo re di Sofocle andato in scena il 3 marzo 1585.
Da allora sono passati 434 anni e non è stata più rimossa! Non solo: ha superato indenne bombardamenti e pericoli di incendio, rimanendo solida e straordinariamente attuale.
“Quando entri all’Olimpico – afferma Giancarlo Marinelli, direttore artistico del 72° ciclo di spettacoli classici in programma fino al 27 ottobre 2019 – ti senti un refuso d’umanità. Accecato, sovrastato, spaccato e spacciato dinanzi a tanta perfetta bellezza”.

Marinelli, per la stagione autunnale 2019, ha varato un cartellone interamente incentrato sui classici. “Il dramma greco – dichiara Marinelli nel libretto di sala – è la storia degli uomini in conflitto con gli dei; il dramma elisabettiano è la storia dell’uomo contro l’uomo; quello moderno la storia dell’uomo contro se stesso. La storia dell’Olimpico è la sintesi di tutto: è un dramma di uomini (attori, registi, tecnici) che lottano contro se stessi e contro gli altri per dimostrare di essere più forti degli dei. Più forti dell’Olimpico”.
“Muoiono gli dei che non sono cari ai giovani” è l’originale titolo di questa rassegna di spettacoli classici che si ispira al frammento originale di Menandro: “Muoiono i giovani che sono cari agli dei”.
Giancarlo Marinelli sostiene: “L’esperienza più sacra del teatro non è il vedere ma l’assistere. Assistere come impotenza di chi passivamente si trova a tu per tu con un cataclisma o un prodigio; oppure assistere come presenza attiva accanto ad un organismo convalescente, debilitato, malato, per favorirne la guarigione”.

Dopo Memorie di Adriano con Pino Micol che ha aperto la serie dal 19 al 22 settembre scorso, dopo l’Apologia di Socrate con Enrico Lo Verso (27 e 28 settembre), sarà la volta, prossimamente, di Medea (4, 5, 6 ottobre alle ore 21) con Romina Mondello e di Ecuba (11, 12, 13 ottobre alle ore 21) con Elisabetta Pozzi. Chiuderà il ciclo (26 e 27 ottobre ore 21) Vittorio Sgarbi con un omaggio a “Palladio e l’ordine del mondo”, in un’esclusiva Lectio Olimpica.
Che, siamo sicuri, elogerà come merita questo luogo stupendo.