Ultimo avamposto del Piemonte prima della Svizzera, Riale è un paesino da cartolina con relativa chiesetta da cartolina. E le case dei Walser. Perché la valle ha anche un altro record: è qui che si sono insediati i primi Walliser, i vallesani provenienti dalla Svizzera attraverso il passo del Gries, ancora prima di colonizzare valli limitrofe più conosciute.

Una valle frequentata soprattutto in estate, almeno fino a quando è arrivato qui un giovane bellunese, visionario, entusiasta, testardo quanto basta, e carico di energia manco fosse una delle tante centrali idroelettriche che punteggiano la valle. Perché qui scorre il Toce (vi ricordate “le cascate più poderose delle Alpi” del libro di geografia delle elementari, descritte da Wagner, D’Annunzio e Carducci?) e l’Enel ha costruito una diga e molte centrali chiamando a progettarle niente di meno che Piero Portaluppi. E qui in valle tutti, ma proprio tutti, hanno lavorato direttamente nell’azienda (o hanno un parente che ci ha lavorato) perché era praticamente l’unica fonte di sostentamento. Finché l’automazione ha ridotto il fabbisogno di manodopera, e i valligiani si sono dovuti reinventare.

La fattoria della neve
A proposito, il visionario si chiama Gianluca Barp, ma è anche molto concreto, positivo e realista, e rimboccandosi le maniche ha preso in gestione l’albergo Aalts Dorf, ha aperto un centro per lo sci di fondo e ha deciso che per battere sul tempo la concorrenza, e contrastare la crisi climatica, bisognava fare qualcosa di più. Così quattro anni fa è diventato il primo imprenditore a livello privato ad aver testato e portato a regime la tecnica dello snowfarming con l’utilizzo di teli geotermici bianchi realizzati con fibre di alluminio, intervallati da strati isolanti di ovatta. «I teli vengono legati uno all’altro con un sistema di velcri e cuciture a filo, – racconta Gianluca. – A impedire ai raggi UVA di penetrare e sciogliere la neve artificiale, che stocchiamo a partire da aprile, contribuisce anche la loro azione riflettente. Così, anche in assenza di precipitazioni nevose, si può cominciare a creare una pista di qualche chilometro – che quando è completa è lunga 12 km – scelta da atleti professionisti per cominciare gli allenamenti prima che in qualsiasi altra località».

Con gli accordi fatti con i comitati regionali di Piemonte, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, oltre a quelli provinciali di Milano, Varese e Ossola, e al grande lavoro degli ultimi anni, Riale sta diventando così sempre di più un punto di riferimento per lo sci di fondo a livello nazionale e internazionale. Tutte le sere Gianluca esce a controllare il lavoro dei cannoni da neve – che qui funzionano bene grazie alla conformazione e alla posizione della valle, che garantisce temperature più basse che altrove a causa di perturbazioni da nord che non arrivano in altre vallate. Ma anche a scrutare il cielo per vedere se arriva anche la neve vera, che lui aspetta come se fosse la manna anche se, ogni anno, la neve arriva puntuale a ricoprire il villaggio situato a quasi 1800 metri di altitudine. Come se non avesse altro da fare.

Perché, come abbiamo detto, Gianluca gestisce anche l’albergo Aalts Dorf, 20 camere rivestite in legno suddivise in due strutture, il ristorante che serve ottima cucina locale, con particolare attenzione alle tradizioni walser, il Centro Fondo che noleggia l’attrezzatura e un negozio di prodotti tipici, Sapori Walser. Ma non gli bastava, e allora da gennaio ha deciso di posizionare sulla terrazza esterna una sauna finlandese dalla peculiare forma a botte che fa parte dell’area wellness, in fase di realizzazione, con doccia emozionale, bagno turco e palestra, per regalare ai suoi ospiti anche il meritato benessere. Senza dimenticare le Fat Bike, e, in estate, il trekking, le mountain bike e il trail running, con percorsi bellissimi che raggiungono i nevai a tremila metri che a metà luglio ospitano la BUT, Bettelmatt Ultra Trail che accoglie concorrenti da tutta Europa.
Il vero plus? Dimenticare di chiudere a chiave la stanza perché qui ci si sente come a casa propria.

Un ristorante da meditazione
Poche centinaia di metri più in là incontriamo l’altro visionario, lo chef Matteo Sormani, che è anche il fratello di sua moglie.
Francesca, – causa primaria del trasferimento di Gianluca nella valle – gestisce l’ospitalità della locanda Walser Schtuba, una dimora alpina con sei camere a disposizione di chi, la sera, vuole fermarsi a dormire dopo aver gustato la cucina gastronomica di Matteo. La famiglia Sormani ha aperto la locanda e il ristorante nel 2003 in un luogo dove non c’era assolutamente nulla.

«La scommessa, non facile, era quella di passare da tipico rifugio a 1800 metri di altitudine, dove la clientela si aspettava di mangiare solamente polenta e selvaggina anche quando non era la stagione giusta, in qualcosa di diverso, un ristorante dove si fa cucina con una certa logica e una precisa filosofia – racconta Matteo. – Fin dall’inizio ci siamo distinti con una lista di vini che contava 250 etichette, ma soprattutto proponendo un menu basato su prodotti stagionali realizzati con la collaborazione di una rete di una ventina di produttori locali che hanno a cuore la sostenibilità».

«Perché noi siamo artigiani della trasformazione, ma non potremmo ottenere questi risultati se non avessimo prodotti di altissimo livello come ad esempio le carni e i salumi di selvaggina di Marcello Maffeis, o i vini del territorio di Eduardo Patrone, che porta avanti una tradizione che risale al secolo XIV. Sono contrario alla moda per cui adesso ogni chef deve avere il suo orto o fare fermentare i suoi prodotti; così uccidiamo i produttori di qualità che invece io voglio possano continuare il loro prezioso lavoro. Io faccio lo chef e gestisco la mia cucina e il mio locale, che definisco un ristorante a dimensione di meditazione».

A colazione si trovano i dolci da forno e il pane fatto in casa con lievito madre, a pranzo un menu giornaliero con scelta fra 4 antipasti, 4 primi e 4 secondi piatti, mentre la sera due menu degustazione di sei portate più amouse bouche e pre-dessert, uno basato su pesce d’acqua dolce e prodotti del bosco, l’altro sulla selvaggina. Noi abbiamo potuto assaggiare una frittella di grano saraceno con composta di mele e cannella, tartare di capriolo con limone candito e spuma di aglio ursino, risotto al pino mugo con testina di vitello alla griglia, spalla di agnello con mille foglie di patate Walser, e per dessert il famoso panettone con mousse di ricotta.

E veniamo finalmente al panettone più alto d’Italia, nato nel laboratorio della Walser Schtuba dove già, per esigenze legate alla mancanza di un panificio in valle, veniva prodotto l’ottimo pane. E da un’altra esigenza nasce il panettone: quella di far lavorare anche nei periodi di bassa stagione il personale assunto della locanda. Gli ingredienti sono scelti accuratamente: la farina viene dal Veneto, il burro arriva dalla Francia, il tuorlo delle uova dalla Svizzera, le uvette di grandi dimensioni dal Cile, le arance candite e i limoni da una proprietà della famiglia all’isola d’Elba. Fondamentale però è un altro ingrediente, quello invece davvero locale: l’acqua purissima delle nevi perenni! Un panettone così non lo si trova da nessuna parte. Per me il migliore che abbia mai mangiato!
E le patate con gli occhi rossi?
Quelle si trovano un po’ più a valle, nella frazione Canza, dove Dario Piumarta si dedica al recupero delle antiche varietà delle patate walser di Formazza. Lavorazioni manuali, recupero di terreni di alta quota, dai 1000 ai 1700 metri, produzione di varietà tramandate di generazione in generazione dai coltivatori custodi, tra cui la Walser a buccia gialla, la Formazza a buccia rossa e la Occhi Rossi a pasta gialla: tutto questo si trova nel suo progetto Hapfla Frütt. Senza dubbio un altro sogno diventato realtà, che scopriamo grazie al giro di diverse eccellenze della valle, che l’infaticabile Gianluca ci porta a conoscere.
Perché il suo scopo è di valorizzare il territorio in tutta la sua interezza. Dall’azienda Formazza Agricola, che gestisce anche un delizioso ristorante appena aperto nel cuore storico di Domodossola nelle cantine a volta sotto al negozio dove si vendono i loro formaggi, all’Azienda Agricola Alpen, che produce con il latte delle mucche di razza Bruna Alpina, insieme a soli altri sette artigiani, il famigerato formaggio Bettelmatt.

Poi c’è l’azienda Prina, un’altra realtà familiare gestita dai più giovani, che produce diversi tipi di miele tra cui quello pregiato di rododendro, che ha vinto due gocce d’oro, e il Consorzio per la produzione di erbe officinali Erba Böna, diretto da un’esplosiva e simpaticissima Vittorina Prina che insieme alle sue socie si spende per il recupero dei terreni di montagna. Qui si trovano 18 tipi di erbe e 10 tipi di tisane, e Vittorina ci racconta il significato del nome: Ti Sana, cioè ti fa bene!

E per finire ci sono le Terme di Premia, un grande complesso inaugurato nel 2008 che utilizza le acque della sorgente che sgorgano a 44 gradi. All’interno, una grande piscina di acqua termale e le vasche idromassaggio all’esterno un’altra piscina circondata dalle vette delle Alpi Lepontine con vista sulle cascate del Toce. Nel centro benessere, sauna, bagno turco, docce emozionali e le cabine per i massaggi.
