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Punto al Capo

7 aggettivi per Cape Town. 7 modi e idee per vivere al meglio questa città

7 aggettivi per Cape Town. 7 modi e idee per vivere al meglio questa città

di Alessandra Gesuelli

Cape Town è una città africana. La più “europea” delle città africane, dove convivono tante anime diverse. Ma la sfida è proprio questa, nel presente e nel futuro della città come di tutto il Sudafrica. Capitale Mondiale del Design nel 2014, Città del Capo ha un’anima creativa e piuttosto dinamica, dalle mille sfaccettature. Da vivere più che da visitare. Queste le sue caratteristiche e altrettanti indirizzi e idee per viverla al meglio.

Creativa

Il Victoria & Albert Waterfront è un bel classico da visitare. Da meno di un anno ha aperto qui il Watershed, dove si possono trovare 150 designer sudafricani. Una piccola casa della creatività della città dove scoprire piccoli brand indipendenti e anche vestiti da farsi fare su misura con le tipiche stoffe africane. Decisamente il luogo giusto per fare shopping di artigianato e oggetti del nuovo design made in Africa, che strizza l’occhio in modo raffinato ai disegni tradizionali. Anche gli hotel a Cape Town hanno un’anima creativa. Ne è una dimostrazione il divertente The Grand Daddy Hotel, in un bell’edificio vittoriano della centralissima Long Street. Una ottima base per chi vuole esplorare la città. Le stanze hanno temi diversi, e i corridoi sono decorati in modo originale. Sul tetto ospita alcune roulotte di design, ciascuna con un tema diverso e un aspetto del paese: da Rooftop Safari a Winelands. Sulla stessa terrazza si proiettano film all’aperto la sera e si beve un cocktail nel panoramico bar con affaccio sui grattacieli del centro. Delizioso il bistrot al piano terra con una buona scelta di piatti di gusto mediterraneo.

Rilassata

Now Now (pronunciato Nana) o Just Now è una espressione sudafricana, che corrisponde al classico ahorita messicano o al kenyota hakuna matata. Insomma per dire che una cosa è probabile che non succeda mai, meglio prendersela comoda. Ecco, questo modo di fare rilassato corrisponde all’umore di Kloof Street, proseguimento di Long Street. Lo si vede dai suoi caffè. Nella città la coffee culture è un must, dove incontrarsi, lavorare e ispirarsi e allora il primo indirizzo da segnare è Manna, adoratissimo per la colazione, fa il pane fresco tutte le mattine. I Capetownians più giovani e alternativi vanno da Once, ostello di design con bistrot e caffè. A stare seduti nel piccolo dehor-giardino affacciato sulla strada si ha una chiara idea delle tante identità che convivono qui, tra ricchezza e povertà di questa grande città. Lifestyles è un piccolo centro commerciale con una selezione di bei negozi dove rifugiarsi per alcune ore. Ha una bella libreria e un supermarket di golosi prodotti local e di vini, alcuni da riportare a casa. Infine da segnare anche O.Live, per l’interior design, gestito dal super creativo Warren Matthee.

Chic

Cape Town conserva ancora un’anima British, chic e minimalista. Il suo tempio è The Nellie, il soprannome con cui è noto il Belmond Mount Nelson. Una vera icona della città. Questo edificio rosa al centro dell’area verde dei Company Garden è visibile persino dalla Table Mountain, il massiccio che domina la città. Anticamente una fattoria, è oggi amatissimo ritrovo non solo per chi è in visita nella città. Ha 198 camere e suite e rappresenta davvero un mondo a parte. Il suo Afternoon Tea è molto popolare tra le signore della Cape Town bene e il suo bar e ristorante sono frequentatissimi. Merito anche dello chef Rudi Liebenberg che propone in menù cucina creativa sudafricana e ottimi piatti di carne locale e cacciagione. Da abbinare a una carta dei vini scelta dalla giovane e talentuosa sommelier Pearl Oliver. La Librisa Spa, aperta anche agli ospiti esterni, usa rigorosamente prodotti sudafricani come il profumatissimo Africology, a base di olii essenziali e l’innovativo eco-brand Kalahari dal packaging accattivante. A novembre gli splendidi giardini interni sono punteggiati dalle opere d’arte dell’annuale evento che il Mount Nelson organizza per promuovere la scena artistica locale e sudafricana.

Foodie

In Sudafrica è cresciuta molto la proposta gastronomica e i suoi ottimi vini sono esportati in tutto il mondo. Forte della fusion culturale, nel paese si mangia molto bene e le classifiche internazionali lo dimostrano. Wesley Randles è un giovane chef di talento, cresciuto in una famiglia di ristoratori. Lo ha scelto Luke Dale-Roberts per guidare il sister restaurant del suo The Test Kitchen, tra i top in Africa secondo la Best 50 di San Pellegrino 2015. Alla guida di The Pot Luck Club, Wesley ha il piglio sicuro e dietro al bancone a vista si muove rapido tra i ragazzi e le ragazze della sua brigata. Il suo è un bel tapas bar al sesto piano di uno degli edifici di The Old Biscuit Mill, un ex biscottificio nel quartiere di Woodstock, ora diventato un punto di riferimento dei giovani cool della città. Il menù è diviso sulla base dei 5 gusti riconosciuti: dolce, amaro, aspro, salato e umami. Delizioso da provare il carpaccio di Springbook e il fritto di calamari in salsa curry malay, che strizza l’occhio alla cucina Cape Malay. Ad accompagnare il menù alcune ottime cantine sudafricane della zona delle Winelands tra Stellenbosch, Franschhoek e l’emergente Montagu. Per ispirarsi Wesley è passato anche in Italia. Proprio pochi mesi fa ha fatto una settimana di formazione nella cucina di Massimo Bottura e della sua Osteria Francescana.

Fusion

A Cape Town convivono, non sempre facilmente, tante diverse realtà. Una delle sue culture più sorprendenti è quella asiatica, indonesiano-malese e musulmana, che deriva dai diversi flussi migratori della sua storia. Il risultato più evidente è la nota cucina Cape Malay, tipica proprio di Cape Town. Il quartiere di Bo Kaap, multiculturale e a prevalenza musulmano, con le sue coloratissime case, è da vedere.  Visitarlo da soli è sconsigliabile, meglio quindi prenotare uno dei tour organizzati dalle diverse associazioni locali che prevede una passeggiata sulle vie principali e una piccola visita al museo sulla storia del quartiere. In alcuni casi si può anche concludere la mattinata, ospiti a casa di una famiglia per preparare insieme il pranzo e scoprire i segreti di questa cucina. Protagonista il curry, speziatissimo e super buono e il conosciutissimo sformato bobotie.

Green

Ai Captownians (e ai sudafricani in genere) piace la vita all’aria aperta. Alcuni vivono fuori dalla città, sulla costa, proprio per godersi la splendida natura dei dintorni. Table Mountain, Patrimonio Unesco,  non è solo una nota meta turistica ma è anche un parco nazionale con una natura incontaminata. Appena si arriva su con la funivia che ruota su se stessa di 360 gradi, bisogna lasciare la folla per seguire i diversi sentieri. Alcune persone salgono a piedi. Chi non se la sente può salire in funivia e poi tornare a piedi e in un paio d’ore si può ridiscendere la montagna più famosa del Sudafrica. Andando verso il Capo di Buona Speranza, la piccola spiaggia di Boulder Bay è famosa per la presenza dei pinguini nani, che nidificano proprio qui, sulla spiaggia, in un’area protetta circondata da  ville e case private. Infine la zona di Cape Point e di Buona Speranza è un’area protetta di incredibile bellezza, con la vegetazione bassa, a brughiera, spazzata dal vento e abitata da struzzi e babbuini dal pelo scuro. Lungo la strada due i paesini dove fermarsi per una pausa, Simon’s Bay, dagli edifici liberty di inizio Novecento, e Kalk Bay, dove è una piccola istituzione il ristorante Olympia Caffè. Un posto con il cuore.  Ottimo il pescato del giorno preparato nella divertente cucina a vista e da provare almeno un bicchiere del loro semplicissimo vino rosso della casa, fatto dai vigneti sulle colline alle spalle del paese. Decisamente a chilometro zero.

Storica

Oltre 20 anni fa finiva l’apartheid. La città ricorda quel periodo in tanti modi. Innanzitutto con l’edificio della City Hall dove Nelson Mandela tenne il suo primo discorso dopo la liberazione. Di fronte alla città si trova Robben Island, l’isola prigione dove Mandela ha trascorso quasi trent’anni. Nel Victoria & Albert Waterfront c’è il nuovo museo con il molo da cui partono i traghetti per visitare il luogo e c’è una piccola mostra che racconta gli anni di lotta contro la segregazione. Proprio accanto alla centrale Cattedrale di San Giorgio, nella cripta è ospitata una piccola e toccante esposizione sulla marcia di pace che si tenne nel 1989 in città: 20.000 persone guidate, tra gli altri, dall’allora arcivescovo della città Desmond Tutu. I testi e le immagini raccontano il grande evento, che coinvolse tante persone di diverse provenienze. Non è l’unico luogo fortemente evocativo che si può visitare. Ben fatto e interessante è il museo District Six sul famoso distretto al centro della città. Vero centro multiculturale, dove la convivenza tra razze, religioni e culture era una ricchezza. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, durante la segregazione, fu dichiarato zona bianca, le case furono espropriate, le persone private delle loro abitazioni furono mandate in sobborghi di nuova realizzazione ma scarsa qualità, famiglie disperse e comunità perdute. Restarono solo le chiese in quanto si rifiutarono di andare via e il governo per motivi politici non voleva espropriarle. Questa terra di alto valore, al centro della città è di fatto rimasta non costruita e oggi è un parco. In una di queste ex chiese è stato realizzato il museo. Vale la pena fare la visita guidata con uno degli ex residenti per conoscere la storia e ascoltare la sua testimonianza. Per chi volesse sapere di più sulla colonizzazione del Capo e la schiavitù che non fu solo nera ma anche  indonesiana e dall’Oceano Indiano, nel bianco edificio dello Slave Lodge c’è una esposizione ben fatta, di taglio divulgativo.