
I Salotti del Gusto 2014, quarta rassegna dedicata all’enogastronomia italiana di qualità, si sono svolti negli ambienti affrescati e stuccati di Villa Condulmer, il cinque stelle a Mogliano Veneto (Treviso), ricavato nella residenza dove il Giuseppe Verdi riscrisse La Traviata dopo il flop alla Fenice di Venezia (che tra l’altro dista meno di un’ora).
Nella zona della barchessa della villa hanno esposto aziende con prodotti molto speciali che mettono in luce la ricchezza e varietà dei nostri cibi e vini. C’era il culatello di Zibello di Fausto Brozzi che, a seguito delle perdite del 40% di vendite registrate al consorzio, ha creato una fondazione di tutela del salume coinvolgendo il sindaco di Zibello e ristabilendo i parametri di qualità. Brozzi infatti attribuisce il calo del mercato al calo di qualità a favore di guadagni facili sull’onda di un marketing ben avviato. Il vero culatello deve arrivare sul mercato con certe caratteristiche: almeno 5 kg di peso dopo 36 mesi di stagionatura senza conservanti (a eccezione del sale). «Come spesso accade, dice Brozzi, la comunicazione che contribuisce al lancio di un prodotto finisce poi per storpiarne le qualità; in vista di guadagni facili spesso si alterano i processi di produzione solo per assecondare il mercato che spesso e improvvisamente diventa bulimico e vuole, vuole, vuole…»
Brozzi si occupa dei suoi culatelli, circa 300 all’anno, di far rispettare la produzione qualitativa, e di arte. Lui stesso è un artista con opere esposte fino al MoMa di New York (La sedia senza gambe), ed è curatore di una delle collaterali della Biennale di Venezia, Internationartinvenice, dove ogni anno presenta una sessantina di artisti internazionali ben conosciuti all’estero ma pressoché ignoti in Italia. Brozzi mette insieme le sue due anime, produttore di salumi e artista, con operazioni sorprendenti come l’esposizione di un quadro da mangiare, con decine di fette di culatello tagliate al coltello appese all’interno di una cornice del Settecento. L’opera è fornita di forchettine coi rebbi piegati tranne quello centrale per nutrirsi del quadro. Ancora ha abbinato i culatelli ai fondoschiena delle sue modelle creando un abbinamento che ha almeno la capacità di incuriosire il pubblico.
Ai Salotti del Gusto si presentano solo aziende che fanno della lavorazione appropriata e dell’amore per il prodotto il loro metodo. Ognuno degli espositori ha una storia da raccontare, come Malandroni che porta in degustazione il suo parmigiano a diverse stagionature: 26, 48, 84, 132 mesi. Contando rapidamente, vuol dire 11 anni di invecchiamento. Certo è un formaggio forte, non da grattugiare sui maccheroni, ma è interessante capirne la maturazione dal punto di vista organolettico e la capacità di conservare e intensificare profumi e sapori: va bene più che altro, a piccole dosi, per una degustazione verticale di reggiano. Altra sorpresa è il caviale Calvisius al 100% italiano (la sede è a Brescia e sono i più grandi esportatori al mondo), la cui produzione è cominciata per sfruttare in qualche modo le acque bianche e calde delle acciaierie. Non è difficile capire come, in poco tempo, hanno raggiunto il primo posto per produzione ed esportazione, dal momento che Iran e Russia hanno altri problemi da risolvere, tra embarghi e bracconaggio selvaggio.
Il tartufo bianco, altra eccellenza italiana, ora nel pieno della sua stagione, è quello di Savini. Provenienza San Miniato (Pisa), una delle zone più vocate e uno dei funghi ipogei più profumati. Andare per tartufi richiede molta esperienza (e una licenza) o una buona guida. Quello del tartufaio è un mestiere che si eredita per passione, ma richiede anche un certo talento sia dell’uomo che del cane. Di una cucciolata di 8-10 cagnolini proveniente da due genitori cercatori di tartufo, si è fortunati se uno prosegue la carriera. «Il miglior fiuto lo hanno i bastardini», afferma Luca che accompagna nei boschi toscani a caccia di tartufi. Con lui c’è Giotto, «Un fenomeno di nove anni. È un po’ vecchio, ma è un campione. Delle volte lui scova pepite dove sono già passati altri prima! Per lui ci hanno offerto fino a 15mila euro, ma il signor Savini ha sempre rifiutato. Lo ha addestrato lui, e non se ne separerebbe per una somma di denaro». Luca, che dai Savini è di famiglia, spiega come si tratta l’animale, come abituarlo a non mangiare o mordere il tartufo, come ricompensarlo quando trova qualcosa». Dopo la ricerca nei boschi, che può durare tre ore o molto di più nei giorni sfortunati, si torna in azienda dove attende un pranzo con uova e tagliolini con abbondante grattata di tartufo bianco.
Quanto al bere, oltre alla Birra Moretti, c’erano i vini: l’Amarone Dal Forno del Consorzio Valpolicella, il Franciacorta Dosaggio Zero di La Fiorita, il toscano Bianco Lauro di La Regola, il Passito Intellighenzia di Principe Ibleo e molte altre etichette. Vini e prodotti esposti sono stati protagonisti dei laboratori tenuti dagli chef ospiti che hanno usato il loro talento e creatività per preparare pranzi e cene di degustazione. Hirohiko Shoda e Massimo Livan hanno usato il tartufo mentre Giorgio Trovato e Luigi Taglienti hanno sperimentato abbinamenti con il caviale. Agli abbinamenti del vino hanno pensato Alessandra Veronesi, sommelier del Ristorante Acanto del Principe di Savoia, e Luca Martini, campione del mondo sommelier. Prodotti e personalità d’eccezione hanno consentito di imbandire banchetti contemporanei e di ricerca che accendono un faro sulla ricchezza e il livello dell’enogastronomia italiana. Evviva!