Avete paura di volare? Diverse compagnie organizzano corsi per affrontarla o superarla. Noi abbiamo partecipato al seminario di Lufthansa
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di Sara Magro
«Sugli aerei ci salgo, ma vorrei farlo con serenità».
«Ho sempre avuto paura di volare, quindi prendo l’aereo solo se sono costretto per lavoro, e non per piacere, come invece vorrei».
«Non voglio che la mia fobia superi la voglia di viaggiare». Sono alcuni dei motivi che hanno spinto una ventina di persone a iscriversi al seminario per superare la paura di volare organizzato da Lufthansa (che comprende anche Airdolomiti e German Wings), e al quale noi di thetravelnwes.it siamo stati invitati.
È stata un’esperienza interessante da punto di vista professionale e personalmente utile. Infatti, nonostante qualche centinaio di aerei l’abbia preso, non sono indenne all’ansia. In passato ha persino rinunciato a due viaggi importanti, uno in Guatemala al seguito di una Ong, e uno in Brasile per una tournée con il coro di cui facevo parte. Mi svegliavo la notte con l’incubo del volo e del suo inesorabile avvicinarsi: la strada per l’aeroporto, il check in, l’attesa dell’imbarco, la poltrona, il clac della cintura che si allaccia, la sensazione di non poter più tornare indietro, un calvario! Alla fine non sono partita. In seguito sono diventata più fatalista o semplicemente gestisco meglio emozioni e reazioni. La mia paura varia, dipende dalla stanchezza, dalla tensione del momento, dalle condizioni in cui lascio casa, dalla quantità di turbolenze. In generale però prevale l’emozione del decollo, del bucare le nuvole, dell’atterraggio, momenti che tutte le volte, ma proprio tutte, suscitano in me un’immensa meraviglia.
Secondo Laura Del Fabro Guentsch che coordina i seminari per Lufthansa dal 1995, la qualità del viaggio migliora nel 94% dei casi. Il restante 6% ha problematiche più complesse che non si risolvono in un weekend. In generale, le donne sono leggermente più numerose, e c’è un picco di iscritti tra i 30 e i 45 anni, l’età in cui lo stress aumenta, e con esso le incertezze e le paure.
La parte teorica si svolge in un hotel vicino a Malpensa, mentre la pratica, sopralluogo e volo, si svolgono dalle piste dell’aeroporto. Il primo giorno si analizzano i fattori dell’ansia, sia generici che individuali, si apprendono alcune tecniche di autocontrollo, si fa il sopralluogo insieme a un pilota, si sviscerano le paure individuali. Il giorno successivo si spicca il volo: Milano-Monaco andata e ritorno.
Il gruppo in cui sono capitata era piuttosto vario: due colleghi di Napoli e due romagnoli che dovevano affrontare viaggi di lavoro. Qualcuno desiderava essere più sereno, qualcuno ambiva a superare un blocco atavico. C’era una hostess di Dolomiti Air, reduce da 14 voli in 48 ore che voleva imparare di più sulla paura per gestire eventuali crisi dei passeggeri. Infine c’era un giovane signore che non aveva mai preso un aereo e che in questa occasione è riuscito a salire a bordo, anche se poi, quando si è trattato di decollare ce l’ha fatta.
Mi sono fatta l’idea che le persone possono essere divise in due categorie. La prima raggruppa persone molto razionali che non vogliono perdere il controllo affidandosi nelle mani di piloti sconosciuti che manovrano apparecchi altrettanto incogniti. Per loro l’informazione tecnica è di grande aiuto. Alla seconda categoria appartengono invece gli irrazionali che soffrono una più generica paura di morire. Ciò che li spaventa è l’improvvisa consapevolezza del rischio, in un ambiente inusuale: sotto c’è il vuoto, si viaggia a 30 mila piedi dalla terra e a 800 km/h, si vola. Tutto è al di là delle facoltà umane, e fa paura, anche se le statistiche sono tranquillizzanti e gli aerei sono macchine quasi perfette.
Un po’ di ansia è normale, e i motivi ci sono: stare in aria, mancanza di conoscenza tecnica, altezza, claustrofobia, perdita di controllo, estraneazione dal proprio ambiente, essere genitori, stress. Difficile superare indenni l’elenco, ed ecco perché circa il 40% dei passeggeri, anche i più insospettabili, non sono del tutto tranquilli ma volano. Invece quando l’ansia prende il sopravvento, la situazione si estremizza, fino a scartare l’aereo come mezzo di trasporto.
Come si supera il blocco? Per alcuni è risolutivo acquisire informazioni tecniche, sapere come funziona un aereo, quali sono le dotazioni e le procedure di sicurezza, gli step della manutenzione ordinaria e di linea. Mirko Corvo, pilota di Airdolomiti, ha accompagnato il nostro gruppo sulla pista, ci ha fatto assistere alla preparazione dell’aereo prima del volo, e ci ha fatto salire a bordo prima che arrivassero i passeggeri. Ci ha spiegato che ogni velivolo viene è sottoposto a verifiche periodiche: settimanali, mensili, ogni 500 ore, annuali. Ogni tre anni, poi, viene “smontato” e controllato pezzo per pezzo. Anche i piloti sono sempre sotto controllo, e dopo l’incidente di German Wings, attribuito al suicidio del copilota in un momento di assenza del pilota, è stato stabilito che in cabina devono esserci sempre due persone. Sempre come precauzione, i piloti mangiano pasti diversi, per garantire che almeno uno sia efficiente in caso di cibo avariato.
Per finire, la hostess ci ha mostrato i kit di sicurezza con le manette di plastica per bloccare i passeggeri molesti o pericolosi e di primo soccorso, per il quale il personale di bordo è preparato. L’errore umano è ovunque previsto e calcolato. Gli attrezzi hanno valigette con interni sagomati per verificare che tutti gli oggetti siano stati riposti dopo l’uso, e qualunque strumento ha un pennacchio colorato pendente per essere visibile casomai fosse dimenticato.
Con tutte le informazioni acquisite più qualche tecnica di respirazione e rilassamento, il volo-test del gruppo per Monaco è andato bene. Qualcuno, per la prima volta, non ha preso i tranquillanti, qualcuno è riuscito a conversare, a guardare dal finestrino, a sedersi nel posto più odiato, insomma a fare le cose che solitamente venivano negate dal terrore predominante. Sul volo di ritorno, dopo un allegro pranzo bavarese con spaetzle, wurst e birra artigianale, la situazione era ancora migliore: c’era chi leggeva il giornale e ascoltava musica, chi schiacciava un pisolino, chi scherzava, chi girava video dimostrativi di una generale, inattesa serenità. D’altra parte il buon assortimento del gruppo, la simpatia partenopea, la hostess in divisa, il misterioso egiziano che sogna New York, la lucidità dialettica e il buon livello culturale di molti hanno dato vita a una situazione seria eppure conviviale che ha giovato singolarmente ai partecipanti. E io, che volentieri mi sarei risparmiata il volo, avendone uno solo qualche giorno dopo, ho intuito che abbandonare il gruppo nel momento clou avrebbe influito negativamente sull’energia incoraggiante che si era creata. Non è che la paura sparisca dalla sera alla mattina, ma il seminario è stato un ottimo inizio, un primo strumento per dare risposte pratiche a dubbi legittimi.
Dopo i saluti, il gruppo è riapparso, attivissimo, su Whatsapp dove continua a chiacchierare, scambiare battute, auguri, programmi di viaggi e inviti che poco hanno ormai a che fare con il nome ironicamente attribuitogli “LufthANSIA”. Forse ora sarebbe meglio cambiarlo in LufthANSIA ADDIO!